19 - Radiottiva?

 

LXXXV

 

La Far Star decollò silenziosa, alzandosi lentamente attraverso l'atmosfera, lasciando sotto di sé l'isola buia. I radi puntini luminosi sottostanti svanirono e, man mano che l'atmosfera diventava più rarefatta con l'aumento dell'altezza, la velocità della nave crebbe e i puntini luminosi che brillavano in cielo divennero più numerosi e vividi.

Alla fine, Alpha si ridusse a uno spicchio illuminato ammantato in gran parte da nubi.

Pelorat disse: - Non possiedono una tecnologia spaziale attiva, immagino... Non possono inseguirci.

- Questo non mi consola poi tanto - commentò Trevize, l'espressione amara, il tono abbattuto. - Sono stato contagiato.

- Ma è un ceppo inattivo - precisò Bliss.

- Però si può attivare. Loro avevano un metodo. Quale?

Bliss si strinse nelle spalle. - Hiroko ha detto che rimanendo in incubazione il virus alla fine sarebbe morto in un corpo non adatto a ospitarlo... come il tuo.

- Sì? - fece rabbioso Trevize. - E lei come lo sapeva? E se l'affermazione di Hiroko fosse una bugia detta a se stessa per avere la coscienza tranquilla? E se il metodo di attivazione, quale che sia, fosse innescabile in modo naturale? Una sostanza chimica particolare, un tipo di radiazione, un... un... che so io? Potrei ammalarmi di colpo, e anche voi tre morireste. O potrebbe accadere dopo che abbiamo raggiunto un mondo abitato, potrebbe scoppiare una pandemia e i superstiti fuggendo diffonderebbero il contagio su altri mondi. - Guardò Bliss. - Tu non puoi fare nulla?

Lentamente, Bliss scosse la testa. - Non è facile. Ci sono anche dei parassiti nell'organismo globale di Gaia... microrganismi, vermi. Sono una componente benigna dell'equilibrio ecologico. Vivono e danno il loro contributo alla coscienza del mondo, ma non si sviluppano mai in eccedenza. Vivono senza causare danni apprezzabili. Il guaio è che il virus che ti infetta non fa parte di Gaia, Trevize.

- Hai detto che non è facile... Date le circostanze non puoi farlo nonostante le difficoltà? Non puoi localizzare il virus e distruggerlo? O, se non ci riesci, non puoi almeno rinforzare le mie difese?

- Ti rendi conto di quel che mi stai chiedendo, Trevize? Non conosco la flora microscopica del tuo corpo. Forse stenterei a distinguere un virus dai geni che si trovano normalmente nelle tue cellule. E sarebbe ancor più complicato distinguere il virus di Hiroko da quelli contro cui il tuo corpo è immunizzato... Ci proverò, ma ci vorrà del tempo, e non è detto che ci riesca.

- Impiega tutto il tempo necessario - disse Trevize. - Prova.

- Certo.

Pelorat disse: - Se Hiroko non ha mentito, Bliss, forse potresti cercare dei virus già indeboliti e accelerarne la scomparsa.

- Già - convenne Bliss. - Buona idea.

- Non sarà un trauma per te? - fece Trevize. - Uccidendo quel virus distruggerai dei preziosi frammenti di vita.

- Non essere sardonico, Trevize - replicò Bliss gelida. - Quella che hai indicato è una difficoltà reale. Comunque, non posso certo anteporre il virus a te. Li ucciderò se sarà possibile, non temere. In fin dei conti, anche mettendoti in secondo piano - e le sue labbra si contrassero come se stesse reprimendo un sorriso - dovrei tener conto dell'incolumità di Pelorat e di Fallom, e dovresti avere più fiducia nei miei sentimenti per loro che nei miei sentimenti per te, no? Ti faccio notare, inoltre, che anche la mia incolumità sarebbe in pericolo.

- Non ho molta fiducia nel tuo amore per te stessa - borbottò Trevize. - Saresti prontissima a rinunciare alla vita per qualche nobile causa. Comunque, la tua preoccupazione per Pelorat è una garanzia sufficiente... Ma... non sento il flauto di Fallom. Qualcosa che non va?

- No - rispose Bliss. - Sta solo dormendo. Un sonno del tutto naturale con cui io non ho niente a che fare. E quando avrai ultimato i calcoli per il balzo di avvicinamento alla stella penso che anche noi dovremmo dormire un po'. Io ne ho molto bisogno, e ho l'impressione che ne abbia bisogno anche tu, Trevize.

- Sì, sempre che riesca a dormire... Sai, Bliss, avevi ragione.

- Riguardo cosa?

- Gli Isolati. Nuova Terra non era un paradiso, per quanto potesse sembrarlo. La loro ospitalità, la loro amicizia immediata, servivano solo a prenderci alla sprovvista per potere contagiare facilmente uno di noi. E poi tutte quelle feste miravano a tenerci là in attesa del ritorno delle flotte di pescherecci e dell'attivazione del virus. E il loro piano avrebbe funzionato se non fosse stato per Fallom e la sua musica. Forse avevi ragione anche su questo.

- Riguardo Fallom?

- Sì. Io non volevo prenderla a bordo, e la sua presenza a bordo mi ha sempre innervosito. Se adesso lei è qui, Bliss, è perché tu hai voluto... ed è stata lei involontariamente a salvarci. Eppure...

- Eppure?

- Nonostante tutto, la presenza di Fallom continua a preoccuparmi. Non so perché.

- Se può consolarti, Trevize, non credo che dobbiamo attribuire tutto il merito a Fallom. Commettendo quello che gli altri Alphani considererebbero certo un atto di tradimento, Hiroko ha adottato come giustificazione la musica di Fallom. Forse ne era davvero convinta, ma c'era qualcos'altro nella sua mente, qualcosa che ho percepito in modo vago e non ho potuto identificare di preciso, qualcosa di cui forse si vergognava e che respingeva inconsciamente. Ho l'impressione che Hiroko provasse una specie di affetto per te, che non volesse vederti morto indipendentemente da Fallom e dalla sua musica.

- Lo credi davvero? - Trevize sorrise per la prima volta da quando avevano lasciato Alpha.

- Sì. Devi essere abbastanza abile con le donne. Hai convinto il Ministro Lizalor a lasciarci prendere la nave e a partire da Comporellen, e hai contribuito alla nostra salvezza influenzando Hiroko... Onore al merito.

Il sorriso di Trevize si allargò. - Be', se lo dici tu... Puntiamo sulla Terra, allora. - E scomparve nella sala comandi con passo quasi spavaldo.

Pelorat indugiò un attimo e si rivolse a Bliss. - Lo hai calmato, eh, Bliss?

- No, Pel, non ho mai toccato la sua mente.

- Oh, sicuramente lo hai fatto quando hai solleticato così sfacciatamente la sua vanità maschile.

È stato un intervento del tutto indiretto - sorrise Bliss.

- Comunque, grazie, Bliss.

 

LXXXVI

 

Dopo il balzo, la stella che avrebbe potuto essere il sole della Terra era ancora a un decimo di parsec. Era il corpo celeste più luminoso che ci fosse, ma continuava a essere una stella come tante.

Tenendo inseriti i filtri per facilitare l'osservazione, Trevize la studiava con espressione cupa.

Disse: - Non ci sono dubbi... sembra proprio la gemella di Alpha. Eppure, Alpha è nella mappa del computer, mentre questa stella non c'è. Non sappiamo il suo nome, non abbiamo nessun dato, nessuna informazione sul suo sistema planetario, ammesso che ne abbia uno.

Pelorat osservò: - Se la Terra ruota attorno a questo sole, mi pare logico trovarsi di fronte a questa assenza completa di informazioni, visto che le informazioni riguardanti la Terra sono state cancellate tutte, no?

- Già, ma questo fatto potrebbe anche avere un significato diverso... Potrebbe trattarsi semplicemente di un Mondo Spaziale non incluso nell'elenco sulla parete dell'edificio di Melpomenia... O forse questa stella non ha pianeti, e quindi non valeva la pena di inserirla in una mappa galattica che ha un uso prevalentemente militare e commerciale... Janov, non c'è qualche leggenda secondo cui il sole della Terra si trova a un solo parsec da una stella gemella?

Pelorat scosse il capo. - Spiacente, Golan... per quel che ricordo, non c'è. Comunque, potrebbe esserci. La mia memoria non è perfetta. Controllerò.

- Non ha importanza. Il sole della Terra ha qualche nome particolare?

- Esistono diversi nomi. Uno per ogni lingua, Suppongo.

- Continuo a scordarmi che la Terra aveva molte lingue.

- Doveva averle per forza. È l'unico modo per spiegare l'esistenza di tante leggende.

- Be', che facciamo, allora? Da questa distanza è impossibile sapere qualcosa del sistema planetario. Dobbiamo avvicinarci. Mi piacerebbe essere prudente, ma a volte si può esagerare con la prudenza e non vedo alcun segno di pericolo potenziale. Un'entità tanto potente da cancellare in tutta la Galassia le informazioni riguardanti la Terra dovrebbe essere in grado di spazzarci via anche a questa distanza, se non volesse proprio essere individuata... eppure non è successo nulla. È irrazionale rimanere qui in eterno solo perché avanzando potrebbe accadere qualcosa, vero?

Bliss disse: - Dunque il computer non rileva nulla che possa essere interpretato come pericoloso, eh?

- Quando dico che non vedo alcun segno di pericolo, mi riferisco al computer. A occhio nudo è impossibile vedere qualcosa, ovvio.

- Allora, mi sembra di capire che cerchi solo un appoggio morale prima di prendere una decisione che consideri rischiosa. D'accordo, hai il mio appoggio. Non abbiamo attraversato la Galassia per fare dietrofront senza una ragione precisa, no?

- No - rispose Trevize. - Tu cosa dici, Janov?

Pelorat rispose: - Sono pronto a proseguire, se non altro per curiosità. Sarebbe insopportabile tornare indietro senza sapere se la Terra è qui o meno.

- Bene, tutti d'accordo, dunque - fece Trevize.

- Non tutti - disse Pelorat. - C'è Fallom.

Trevize sgranò gli occhi. - Intendi dire che dovremmo consultare la bambina? E che valore avrebbe la sua opinione, sempre che ne abbia una? Al massimo, insisterebbe per tornare sul suo mondo.

- Non puoi fargliene una colpa - disse Bliss infervorandosi.

E visto che avevano tirato in ballo Fallom, Trevize si soffermò ad ascoltare il suo flauto, che stava suonando un ritmo di marcia trascinante.

- Ascoltate - disse. - Dove può aver sentito un brano e ritmo di marcia?

- Forse Jemby le suonava delle marce.

Trevize scosse il capo. - Ne dubito. Le avrà suonato ritmi di danza, se mai, ninnenanne... Sentite, Fallom mi preoccupa... Impara troppo in fretta.

- Io l'aiuto - disse Bliss. - Tienilo presente. E poi è molto intelligente e da quando è con noi ha ricevuto tantissimi stimoli. Nuove sensazioni le hanno invaso la mente. Ha visto lo spazio, nuovi mondi, tanta gente... per la prima volta.

La marcia di Fallom diventò ancor più scatenata, irruente.

Trevize sospirò. - Be', è qui, e sta suonando della musica che sembra esprimere ottimismo e voglia d'avventura. La considererò una specie di voto a favore... D'accordo, avanziamo, allora... e diamo un'occhiata al sistema planetario di questo sole.

- Se ci sarà - fece Bliss.

Trevize abbozzò un sorriso. - C'è un sistema planetario. Sono disposto a scommettere. Scegli tu la somma.

 

LXXXVII

 

Hai perso - disse Trevize assorto. - Quanto denaro avevi deciso di scommettere?

- Nemmeno un soldo. Non ho mai accettato la scommessa - rispose Bliss.

- Meno male. Non lo prenderei volentieri il tuo denaro.

Erano a circa dieci miliardi di chilometri dal sole, ma la sua luminosità ormai era pari a quella di sole vero e proprio osservato da un pianeta abitabile.

- Adesso col telescopio si vedono due pianeti - annunciò Trevize. - Dal loro diametro e dallo spettro della luce riflessa, si tratta chiaramente di giganti gassosi.

La nave era al di fuori del piano planetario, e Bliss e Pelorat, fissando lo schermo da dietro le spalle di Trevize, si ritrovarono a contemplare due minuscole falci di luce verdognola. La più piccola era leggermente più spessa.

Trevize disse: - Janov! Il sole della Terra dovrebbe avere quattro giganti gassosi, giusto?

- Stando alle leggende, sì.

- Quello più vicino al sole dovrebbe essere il più grande, e il secondo dovrebbe avere degli anelli... giusto?

- Sì, Golan, grandi anelli... Comunque, vecchio mio, dobbiamo tener conto delle distorsioni e delle esagerazioni che si sviluppano nel tramandare una leggenda. Anche se mancasse un pianeta con un sistema anulare straordinario, non dovremmo considerarla una prova sufficiente e concludere che questo non è il sistema planetario che cerchiamo.

- Comunque, i due pianeti che vediamo forse sono i più lontani, e gli altri due si trovano forse oltre il sole, troppo lontani per essere individuati facilmente sullo sfondo del campo stellare... Dovremo avvicinarci ancora... e spingerci al di là del sole.

È possibile, dato che siamo vicini alla massa della stella. Sì, il computer può farlo, con una certa cautela. E se a suo giudizio il rischio sarà eccessivo, il computer non effettuerà il balzo... In tal caso minimizzeremo i rischi avanzando a piccoli balzi.

La mente di Trevize impartì le istruzioni al computer... e il campo stellare sullo schermo cambiò. La stella diventò ancor più luminosa, poi scomparve dallo schermo, mentre il computer seguendo le istruzioni ricevute frugava il cielo in cerca di un altro gigante gassoso. Lo individuò.

I tre si irrigidirono, rimanendo strabiliati, mentre la mente frastornata di Trevize annaspava per chiedere al computer un ingrandimento maggiore.

Incredibile - esclamò Bliss.

 

LXXXVIII

 

Da quella angolazione, il gigante gassoso era in parte illuminato. Attorno a esso, un ampio anello curvo e luccicante di materia, inclinato in maniera tale da ricevere la luce del sole sul lato osservato dalla nave... Era più luminoso del pianeta stesso, e lungo la sua superficie correva una sottile linea divisoria.

Trevize richiese il massimo ingrandimento possibile, e l'anello si trasformò in una serie di anelli più piccoli e concentrici. Adesso sullo schermo era visibile solo una parte del sistema anulare, mentre il pianeta era addirittura scomparso. Trevize impartì un'ulteriore istruzione, e in un angolo dello schermo si formò un riquadro che conteneva una minuscola immagine panoramica del pianeta e degli anelli.

- È un fenomeno comune? - chiese Bliss, stupefatta.

- No - rispose Trevize. - Quasi tutti i giganti gassosi hanno degli anelli di detriti, però di solito sono anelli stretti e poco luminosi. Una volta ho visto un gigante gassoso che aveva degli anelli stretti ma abbastanza luminosi. Però non ho mai visto uno spettacolo del genere, e non mi è mai capitato di sentirne parlare.

Pelorat disse: - È chiaro. Si tratta del gigante gassoso di cui parlano le leggende. Se è davvero unico...

- Lo è, per quel che ne so, e per quel che ne sa il computer - fece Trevize.

Allora questo deve essere il sistema planetario della Terra. Un pianeta come quello non può essere il frutto di una invenzione. Per descrivere una cosa simile bisogna averla vista.

Trevize annuì. - A questo punto, sono disposto a credere a tutto quello che affermano le tue leggende, Janov. Questo è il sesto pianeta... e la Terra dovrebbe essere il terzo, giusto?

- Giusto, Golan.

- Dunque, nonostante una distanza dalla Terra inferiore a un miliardo e mezzo di chilometri, non siamo stati fermati. Gaia ci aveva fermati durante l'avvicinamento.

Bliss intervenne: - Eravate più vicini a Gaia quando siete stati fermati.

- Ah, ma a mio avviso la Terra è più potente di Gaia - replicò Trevize - per cui questo fatto mi sembra incoraggiante. Se non ci fermano, forse significa che la Terra non ha nulla in contrario se ci avviciniamo.

- O forse significa che la Terra non c'è - aggiunse Bliss.

- Vuoi scommettere questa volta? - fece Trevize con aria truce.

- Secondo me - intervenne Pelorat - Bliss intende dire che forse la Terra è radioattiva come sostengono in tanti, e che nessuno ci ferma proprio perché non c'è vita sulla Terra.

- No - sbottò Trevize. - Sono pronto a credere a tutto quello che si dice sulla Terra, tranne che alla storia della radioattività. Avanzeremo e controlleremo di persona. E ho la sensazione che nessuno ci ostacolerà.

 

LXXXIX

 

I giganti gassosi erano ormai alle loro spalle. Appena oltre il gigante gassoso più vicino al Sole (quello più massiccio, come affermavano le leggende) c'era una fascia di asteroidi.

Oltre gli asteroidi e erano quattro pianeti.

Trevize li studiò attentamente. - Il terzo è il più grande. Le sue dimensioni e la distanza dal Sole sono adeguate. Potrebbe essere abitabile.

A Pelorat parve di cogliere una nota di incertezza nelle parole di Trevize. Chiese: - Ha un'atmosfera?

- Oh, sì. Il secondo, il terzo e il quarto pianeta hanno tutti un'atmosfera. E, come nella vecchia favola infantile, quella del secondo è troppo densa, quella del quarto non è abbastanza densa, ma quella del terzo è perfetta.

- Pensi che possa essere la Terra, allora?

- Penso? - sbottò Trevize. - Non ce n'è bisogno... Quella è proprio la Terra! Ha il satellite gigantesco di cui mi hai parlato.

- Davvero? - E sulla faccia di Pelorat sbocciò un sorriso senza precedenti.

- Certo! Ecco, guarda... massimo ingrandimento...

Pelorat vide due falci, una nettamente più grande e luccicante dell'altra.

- Quella più piccola è il satellite? - domandò.

- Sì. E piuttosto lontano dal pianeta, però ruota indubbiamente intorno ad esso. Ha le dimensioni di un piccolo pianeta, però per essere un satellite è notevole. Ha un diametro di almeno duemila chilometri, cioè è grande quanto i maggiori satelliti dei giganti gassosi.

- Non è più grande? - Pelorat sembrava deluso. - Dunque non è un satellite gigante?

- Certo che lo è! Un conto è un satellite di duemila chilometri di diametro in orbita attorno a un gigante gassoso. Un conto è un satellite di tali caratteristiche in orbita attorno a un piccolo pianeta solido abitabile. Quel satellite ha un diametro che è circa un quarto di quello della Terra. Trattandosi di un pianeta abitabile, una differenza così ridotta è qualcosa di eccezionale.

Pelorat sorrise timido. - In questo campo so pochissime cose.

- Allora fidati della mia parola, Janov. È qualcosa di unico. In pratica stiamo osservando una specie di pianeta doppio, mentre perlopiù i pianeti abitabili hanno satelliti delle dimensioni di un sasso... Janov, se quel gigante gassoso col sistema anulare occupa il sesto posto, e questo pianeta col suo enorme satellite si trova al terzo posto... come affermavano le tue leggende... il mondo che stai osservando deve essere per forza la Terra. L'abbiamo trovata, Janov. L'abbiamo trovata!

 

XC

 

Era il secondo giorno di avvicinamento alla Terra e Bliss sbadigliò durante la cena. Disse: - Abbiamo impiegato più tempo ad avvicinarci ai pianeti e ad allontanarci che per tutto il resto. Abbiamo perso settimane intere.

- In parte - disse Trevize - perché i balzi troppo vicini a una stella sono pericolosi. E in questo caso, ci stiamo muovendo molto lentamente perché non voglio andare incontro a eventuali pericoli troppo in fretta.

- Non avevi detto che avevi la sensazione che nessuno ci avrebbe ostacolato?

- Certo, però non voglio rischiare tutto basandomi su una semplice sensazione. - Trevize guardò il contenuto del cucchiaio prima di portarlo alla bocca e disse: - Sapete, sento la mancanza del pesce che c'era su Alpha. Abbiamo mangiato tre sole volte là.

- Un vero peccato - convenne Pelorat.

- Be' - fece Bliss - siamo stati su cinque mondi e ogni volta abbiamo dovuto andarcene così in fretta che non abbiamo avuto il tempo di arricchire le nostre scorte alimentari e disporre di una certa varietà di piatti. Perfino quando erano mondi con prodotti già pronti, come Comporellen e Alpha, e probabilmente anche...

Non finì la frase perché Fallom alzando lo sguardo d'un tratto la terminò per lei. - Solaria? Non potevate prendere del cibo su Solaria? Là ce n'è tanto. Come su Alpha. E migliore.

- Lo so, Fallom - disse Bliss. - Solo che non avevamo tempo.

Fallom la fissò seria. - Rivedrò ancora Jemby, Bliss? Dimmi la verità.

- Può darsi. Se torneremo su Solaria.

- Un giorno torneremo su Solaria?

Bliss esitò. - Non sono in grado di dirlo.

- Adesso andiamo sulla Terra, giusto. Non è il pianeta su cui abbiamo avuto origine tutti?

- Su cui i nostri progenitori hanno avuto origine - disse Bliss.

- So dire "antenati" adesso - fece Fallom.

- Sì, stiamo andando sulla Terra.

- Perché?

- È normale, no, voler vedere il mondo dei propri antenati

- Secondo me, c'è dell'altro. Sembrate tutti così preoccupati...

- Non siamo mai stati là prima d'ora. Non sappiamo cosa può aspettarci.

- Secondo me c'è dell'altro.

Bliss sorrise. - Cara, adesso che hai finito di mangiare, perché non vai in camera e ci suoni una piccola serenata col tuo flauto? Lo suoni sempre più bene. Su, su... - Diede una pacca sul sedere alla piccola, e Fallom obbedì svelta, girandosi solo un attimo per rivolgere a Trevize un'occhiata pensosa.

Trevize seguì con lo sguardo, chiaramente disgustato.

- Quell'essere legge nella mente?

- Non chiamarla "quell'essere", Trevize - scattò aggressiva Bliss.

- Legge nella mente, lei? Tu dovresti saperlo.

- No, non legge il pensiero. Nemmeno Gaia ne è capace. Nemmeno i membri della Seconda Fondazione possono farlo... non nel senso di cogliere una conversazione o di distinguere idee precise. Questo non è ancora possibile, forse non lo sarà neppure in futuro. Noi siamo in grado di percepire, interpretare e, entro certi limiti, influenzare i sentimenti, ma non è affatto la medesima cosa.

- Chi ti dice che lei non sia capace di farlo, anche se in teoria è ancora qualcosa di impossibile? Come lo sai?

- L'hai detto tu stesso... Io dovrei saperlo.

- Forse ti sta influenzando per tenerti all'oscuro di questa sua capacità.

Bliss alzò gli occhi al soffitto. - Ragiona, Trevize. Anche se possedesse delle doti insolite, non potrebbe farmi nulla, perché io non sono Bliss... sono Gaia. Continui a dimenticartene. Hai idea della forza mentale rappresentata da un intero pianeta? Credi che un Isolato, per quanto dotato, possa superarla?

- Non sei onnisciente, Bliss, quindi non essere troppo sicura di te - l'ammonì Trevize accigliato. - Quell'es... Fallom è con noi da poco. In un periodo di tempo così breve io al massimo sarei riuscito a imparare i rudimenti di una lingua, invece lei parla già il galattico alla perfezione, e con un vocabolario praticamente completo... Sì, lo so che l'hai aiutata tu, ma vorrei che la smettessi.

- Ti ho detto che la stavo aiutando, però ti ho anche detto che è intelligentissima, talmente intelligente che mi piacerebbe che facesse parte di Gaia. Se potessimo accoglierla tra noi mentre è ancora abbastanza giovane, forse riusciremmo a saperne abbastanza sui Solariani da assorbire infine tutto il loro mondo. Ci sarebbe senza dubbio utile.

- Non hai pensato che i Solariani sono esemplari patologici di Isolati anche dal mio punto di vista?

- Non lo sarebbero più, una volta fusi con Gaia.

- Secondo me ti sbagli, Bliss. Secondo me quella bambina solariana è pericolosa e dovremmo sbarazzarcene.

Come? Gettandola nello spazio? Uccidendola, facendola a pezzi e aggiungendola alle nostre scorte alimentari?

Pelorat disse: - Oh, Bliss!

E Trevize: - Disgustoso, e completamente fuori luogo. - Ascoltò un attimo. Il flauto suonava impeccabilmente, e loro avevano parlato sottovoce. - Quando tutto sarà finito, dobbiamo riportarla su Solaria e assicurarci che Solaria resti tagliata fuori per sempre dal resto della Galassia. A mio avviso quel mondo dovrebbe essere distrutto. Non mi fido... Io temo...

Bliss rifletté un istante, e disse: - Trevize, lo so che hai la capacità di prendere sempre la decisione giusta, ma so anche che non hai potuto soffrire Fallom fin dall'inizio... forse perché su Solaria sei stato umiliato e di conseguenza è nato in te un odio intenso verso il pianeta e i suoi abitanti. Dato che non posso toccare la tua mente, non sono in grado di affermarlo con certezza... E ricordati... se non avessimo portato con noi Fallom, adesso saremmo tutti su Alpha... morti e, presumo, sepolti.

- Lo so, Bliss, ma nonostante que...

- E la sua intelligenza va ammirata, non invidiata.

- Io non la invidio. Io la temo.

- La sua intelligenza?

Trevize si umettò le labbra pensieroso. - No, non proprio.

- Cosa, allora?

- Non lo so, Bliss. Se sapessi cosa temo, forse non avrei questa paura. È qualcosa che non capisco. - Trevize abbassò la voce come se stesse parlando tra sé. - A quanto pare la Galassia è piena di cose che non capisco. Perché ho scelto Gaia? Perché devo trovare la Terra? C'è una lacuna nella psicostoria? Se c'è, qual è? E soprattutto, perché la presenza di Fallom mi rende inquieto?

Bliss disse: - Sfortunatamente, non posso rispondere a queste domande. - Si alzò e lasciò la stanza.

Pelorat la guardò, poi disse: - Be', la situazione non mi sembra tanto brutta, Golan. Siamo sempre più vicini alla Terra, e una volta là avremo la soluzione di tutti i misteri. E fino a questo momento pare che nulla stia cercando di impedirci di raggiungerla.

- Preferirei che fosse vero il contrario.

- Cosa? Perché?

- Francamente, accoglierei con piacere un segno di vita.

Pelorat spalancò gli occhi. - Hai scoperto che la Terra è radioattiva, allora?

- Non proprio. Ma è calda. Un po' più calda del previsto.

- È un fattore negativo?

- Non è detto... Anche se è piuttosto calda non è detto che sia per forza inabitabile. Lo strato di nubi è spesso, e quello è certamente vapore acqueo... così quelle nuvole, e un oceano senz'altro molto grande, potrebbero mantenere la situazione ambientale entro limiti tollerabili nonostante la temperatura che abbiamo rilevato dall'emissione di microonde. Non posso ancora dirlo con sicurezza. Solo che...

- Sì, Golan?

- Ecco, se la Terra fosse radioattiva, questo potrebbe spiegare la sua temperatura più alta del previsto.

- Ma questo discorso non vale in senso contrario, vero? Se è più calda del previsto non è detto che sia per forza radioattiva, eh?

- No, no. - Trevize abbozzò un sorriso forzato. - Ma è inutile rimuginare, Janov. Tra un paio di giorni disporremo di più dati e avremo una risposta sicura.

 

XCI

 

Fallom sedeva sul lettino immersa nei propri pensieri quando Bliss entrò nella stanza. Fallom alzò un istante lo sguardo, poi riabbassò la testa.

Bliss le chiese sottovoce: - Che c'è, Fallom?

- Perché Trevize mi detesta tanto, Bliss?

- Cosa ti fa pensare che ti detesti?

- Mi guarda sempre con insofferenza... È la parola giusta?

- Può darsi.

- Mi guarda sempre con insofferenza quando sono vicino a lui. La sua faccia è sempre un po'... contratta.

- Trevize sta affrontando una situazione difficile, Fallom.

- Perché sta cercando la Terra?

- Sì.

Fallom rifletté alcuni attimi, poi disse: - È insofferente soprattutto quando muovo le cose col pensiero.

Bliss serrò le labbra. - Fallom, mi sembra di averti detto che non devi farlo, soprattutto in presenza di Trevize.

- Be', è successo ieri, proprio in questa stanza... Lui era sulla porta e io non l'ho notato. Non sapevo che stesse guardando... Comunque, era solo uno dei videolibri di Pel, e io stavo cercando di farlo stare dritto su una punta. Non stavo facendo nulla di male.

- Facendo così lo rendi nervoso, Fallom. Non devi farlo, nemmeno quando lui non c'è.

- Si innervosisce perché non è capace di farlo?

- Forse.

- Tu sei capace?

Bliss scosse lentamente la testa. - No.

- Tu non ti innervosisci quando lo faccio, però... E nemmeno Pel si innervosisce.

- Le persone sono diverse.

- Lo so - disse Fallom, con una veemenza che fece corrugare la fronte a Bliss.

- Cosa sai, Fallom?

- Che io sono diversa.

- Certo. L'ho appena detto. Le persone sono diverse.

- La mia forma è diversa. Io posso muovere le cose.

- È vero.

Con una nota di ribellione nella voce, Fallom sbottò: - Io devo muovere le cose. Trevize non dovrebbe arrabbiarsi con me per questo, e tu non dovresti impedirmelo.

- Ma perché devi muovere le cose?

- È pratica. Esercizio. Jemby diceva sempre che dovevo esercitare i... i miei...

- Lobi trasduttori?

- Sì. Dovevo esercitarli e rafforzarli. Così, una volta grande, avrei potuto alimentare tutti i robot. Perfino Jemby.

- Fallom, chi alimentava tutti i robot se non eri tu a farlo?

- Bander.

- Conoscevi Bander?

- Certo. L'ho visto molte volte. Sarei dovuta diventare il prossimo capo-tenuta. La tenuta Bander sarebbe diventata la tenuta Fallom. Me l'ha detto Jemby.

- Intendi dire che Bander veniva nella tua...

La bocca di Fallom sì spalancò allibita. Con voce strozzata. Fallom disse: - Bander non sarebbe mai venuto nella... - S'interruppe un attimo, ansando, quindi continuò: - Osservavo la sua immagine.

- Come ti trattava Bander? - domandò esitante Bliss.

Fallom la fissò leggermente perplessa. - Mi chiedeva se avevo bisogno di qualcosa, se stavo bene. Ma Jemby era sempre accanto a me, così non avevo mai bisogno di nulla e stavo sempre bene.

Fallom piegò la testa verso il pavimento, poi coprendosi gli occhi con le mani gemette: - Ma Jemby si è fermato... Si è fermato perché anche Bander si è fermato... credo.

Bliss chiese: - Perché dici una cosa del genere?

- Ci ho pensato... Bander alimentava tutti i robot, e se Jemby si è fermato, se tutti gli altri robot si sono fermati, vuol dire che deve essersi fermato anche Bander. Non è vero?

Bliss rimase in silenzio.

Fallom disse: - Ma quando mi riporterete su Solaria alimenterò Jemby e tutti gli altri robot, e sarò di nuovo felice.

Stava singhiozzando.

- Non sei felice con noi, Fallom? Nemmeno un po'? Almeno qualche volta?

Fallom alzò il viso rigato di lacrime e scosse la testa rispondendo con voce tremula: - Io voglio Jemby.

Commossa, Bliss la abbracciò. - Oh, Fallom come vorrei poter riunire te e Jemby! - E si rese conto che anche lei stava piangendo.

 

XCLI

 

Pelorat entrò e vedendole si bloccò. - Che succede?

Bliss si staccò da Fallom e cercò un fazzolettino per asciugarsi gli occhi. Scosse la testa; e Pelorat ancora più preoccupato ripeté: - Insomma, che succede?

- Fallom - disse Bliss - riposati un po'. Vedrò di pensare qualcosa per migliorare un po' la tua situazione. Ricorda... io ti amo come ti amava il tuo Jemby.

Prese Pelorat per il braccio e lo sospinse nel saloncino, spiegando: - Non è nulla, Pel... Nulla.

- Si tratta di Fallom, però, vero? Sente ancora la mancanza di Jemby.

- Moltissimo. E noi non possiamo farci nulla. Posso dirle che le voglio bene... ed è la verità. Non si può non voler bene a una creatura così dolce e intelligente... Tremendamente intelligente. Troppo, secondo Trevize... Sai, Fallom vedeva Bander un tempo... o meglio l'osservava in proiezione olografica. Comunque quel ricordo non la tocca; ne parla in modo freddo, distaccato, e la capisco benissimo. A parte il fatto che Bander era il proprietario della tenuta e Fallom sarebbe diventata proprietaria dopo, non c'era nessun legame tra loro. Nessun altro rapporto

- Fallom si rende conto che Bander era suo padre?

- Sua madre. Se siamo d'accordo nel considerare Fallom una femmina, la stessa regola vale anche per Bander.

- Come vuoi, Bliss... Fallom si rende conto del rapporto di parentela che c'era tra loro?

- No, non credo nemmeno che capirebbe... o almeno, non lo ha dato a vedere. Però, Pel, ragionando ha concluso che Bander è morto, perché si è resa conto che la disattivazione di Jemby deve essere stata causata da una mancanza di energia, e dal momento che era Bander a fornire l'energia... La cosa mi spaventa.

Pelorat disse pensoso: - Perché, Bliss? In fin dei conti, è solo una deduzione logica.

- Da quella morte si può ricavare un'altra deduzione logica. La morte deve essere un fenomeno raro e isolato su Solaria, considerando la longevità e l'isolamento degli Spaziali. L'esperienza della morte naturale deve essere estremamente limitata per loro, e probabilmente è del tutto assente dalla vita di una bambina solariana dell'età di Fallom. Se continuerà a pensare alla morte di Bander, Fallom comincerà a chiedersi perché, e dato che quella morte è avvenuta quando noi stranieri eravamo sul pianeta lei sicuramente arriverà a cogliere nelle due cose un rapporto di causa ed effetto.

- Cioè concluderà che noi abbiamo ucciso Bander?

- Non siamo stati noi, Pel. Sono stata io.

- Questo non potrebbe saperlo.

- Ma dovrei dirglielo. Fallom è già seccata con Trevize, e Trevize è indiscutibilmente il capo della spedizione. Fallom attribuirebbe di certo a lui la responsabilità della morte di Bander, e io non posso permettere che Trevize venga incolpato ingiustamente.

- Ma che importanza potrebbe avere, Bliss? La bambina non prova nulla per suo pa... per sua madre. È affezionata solo al suo robot, Jemby.

- Però la morte di sua madre ha provocato la morte del suo robot. Per poco non ho confessato la mia responsabilità. La tentazione era forte.

- Perché?

- Per poterle spiegare tutto a modo mio, per poterla calmare, per impedirle di arrivare a scoprire col ragionamento questa azione in apparenza ingiustificata.

- Ma era del tutto giustificata. Si è trattato di legittima difesa. Ancora un istante e saremmo morti tutti, se non avessimo agito.

- È quello che avrei voluto dirle, ma non ci sono riuscita. Avevo paura che non mi credesse.

Pelorat scosse la testa e sospirò. - Pensi che avremmo fatto meglio a non portarla con noi? Questa situazione ti rende così infelice...

- No, non dire una cosa simile - scattò rabbiosa Bliss. - Sarei stata molto più infelice al ricordo di avere abbandonato una bambina innocente, che sarebbe stata trucidata per colpa nostra.

- Sono le regole del mondo di Fallom, Bliss.

- Oh, Pel, non cominciare a pensare come Trevize. Per gli Isolati è possibile accettare cose del genere e non pensarci più. Ma Gaia mira a salvare la vita, non a distruggerla o ad assistere passivamente alla sua distruzione. Sappiamo tutti che ogni forma di vita è destinata a cessare per garantire la sopravvivenza dì nuove forme dì vita, ma questo non deve mai avvenire inutilmente, senza scopo. La morte di Bander, per quanto inevitabile, è già abbastanza dura da sopportare... La morte di Fallom sarebbe stata qualcosa di intollerabile.

- Penso che tu abbia ragione, Bliss... Comunque, non ero venuto da te per parlare di Fallom... Si tratta di Trevize.

- Cos'ha?

- Bliss, mi preoccupa. È in attesa di verificare gli ultimi dati decisivi riguardo la Terra, e non so se riuscirà a reggere alla tensione.

- Trevize non mi preoccupa. A mio avviso, ha una mente solida e stabile.

- Abbiamo tutti i nostri limiti. Senti, la Terra è più calda del previsto, me l'ha detto lui. Ho l'impressione che pensi che possa essere troppo calda per essere abitabile, anche se chiaramente sta cercando di convincersi del contrario.

- Forse ha ragione. Forse non è troppo calda per essere abitabile.

- Inoltre, ammette che non è escluso che il calore possa derivare da una crosta radioattiva, ma si rifiuta di credere anche a questa possibilità... Tra un paio di giorni saremo abbastanza vicini da conoscere la verità... E se la Terra fosse davvero radioattiva?

- Be', dovrà accettare la realtà.

- Ma... Non so come esprimerlo in termini mentali... Ma se alla sua mente...

Bliss attese, quindi disse con un sorrisetto amaro: - Saltasse un circuito?

- Ecco, sì... Non dovresti fare qualcosa per rinforzare le sue difese? Per mantenerlo equilibrato e padrone di sé?

- No, Pel. Trevize non è così fragile, secondo me. E poi Gaia ha deciso che la sua mente non deve subire alcun intervento.

- Ma è proprio questo il punto! Trevize possiede questa dote insolita di "esattezza" decisionale e intuitiva. Se l'intero progetto fallisse quando siamo così vicini alla meta, forse il trauma per quanto grave non distruggerebbe il suo cervello, però potrebbe distruggere questa sua capacità di "esattezza". È una capacità estremamente insolita, no? Non potrebbe essere anche estremamente fragile?

Bliss rifletté un attimo, poi si strinse nelle spalle. - Be', forse lo terrò d'occhio, allora.

 

XCIII

 

Nelle trentasei ore successive, Trevize si rese conto in modo vago che Bliss e Pelorat sembravano seguirlo in ogni suo spostamento. Comunque, non era un fatto sorprendente date le dimensioni ridotte della nave, e lui aveva altro a cui pensare.

Ora, mentre sedeva al computer, avvertì la loro presenza appena oltre la porta. Sollevò lo sguardo e li fissò, inespressivo.

- Be'? - mormorò.

Piuttosto impacciato, Pelorat disse: - Come stai, Golan?

- Chiedilo a Bliss. Mi fissa in continuazione da ore. Scommetto che sta frugando nella mia mente... Vero, Bliss?

- No, non è vero - rispose Bliss tranquilla. - Ma se credi di avere bisogno del mio aiuto, posso provare... Vuoi che ti aiuti?

- No, perché mai? Lasciatemi in pace adesso.

Pelorat chiese: - Per favore, spiegaci cosa sta succedendo.

- Indovina!

- La Terra...

- Già! Quello che ci hanno ripetuto chissà quante volte è verissimo. - Trevize indicò lo schermo. La Terra presentava il suo lato notturno e stava eclissando il Sole. Era un cerchio nero sullo sfondo del cielo stellato, e la sua circonferenza era delimitata da una curva arancione spezzata.

Pelorat fece: - Quell'arancione... è la radioattività?

- No. È la luce del Sole rifratta dall'atmosfera. Sarebbe un cerchio arancione perfetto se l'atmosfera non fosse così nuvolosa. La radioattività non si vede. Le radiazioni, perfino i raggi gamma, vengono assorbite dall'atmosfera. Comunque, formano delle radiazioni secondarie più deboli che il computer è in grado di rilevare. Sono sempre invisibili a occhio nudo, ma il computer può tradurre in luce visibile qualsiasi particella o onda radioattiva che riceve, e creare un'immagine contrastata a colori della Terra. Ecco.

Il cerchio nero si accese di una debole luce azzurrognola disseminata a chiazze.

- Quanta radioattività c'è? - chiese Bliss. - Abbastanza da escludere la possibilità di sopravvivenza della vita umana?

- Di qualsiasi forma di vita - rispose Trevize. - Il pianeta è inabitabile. Anche l'ultimo virus è scomparso da un pezzo.

- Possiamo esplorarlo? - chiese Pelorat. - Certo, indossando la tuta spaziale...

- Per qualche ora... Poi saremmo contagiati in modo irreversibile dalle radiazioni.

- Allora cosa facciamo, Golan?

- Cosa facciamo? - Trevize fissò Pelorat con la stessa espressione vuota. - Sai cosa avrei voglia di fare? Vorrei riportare te e Bliss e la bambina su Gaia e lasciarvi là. Poi mi piacerebbe andare su Terminus e restituire la nave, e dimettermi dal Consiglio, così farei un grande favore al Sindaco Branno. Poi mi piacerebbe andare in pensione e lasciare la Galassia al suo destino, infischiandomene del Piano Seldon, della Fondazione, della Seconda Fondazione, di Gaia... La Galassia potrebbe scegliere da sola la sua strada. Esisterà ancora quando sarò morto, quindi perché dovrei preoccuparmi di quello che succederà poi?

- Non parlerai sul serio, spero? - fece Pelorat un po' allarmato.

Trevize sospirò. - No, no... però, come mi piacerebbe poter fare esattamente come ho appena detto!

- Comunque, cosa intendi fare, adesso?

- Mantenere la nave in orbita attorno alla Terra, riposare, superare lo shock, e pensare alla prossima mossa. Solo che...

- Sì?

- Oh, insomma... Quale può essere la prossima mossa? Che altro c'è da cercare? Che altro c'è da trovare?

 

20 - Il mondo vicino

 

XCIV

 

Da quattro pasti consecutivi, Pelorat e Bliss vedevano Trevize solo durante i pasti. Per il resto del tempo, o era in sala comandi o nella sua stanza. E a tavola era taciturno. Teneva le labbra sigillate, e mangiava poco.

Al quarto pasto, però, Pelorat ebbe l'impressione che l'atteggiamento dell'amico non fosse più cupo come prima. Pelorat si schiarì la voce un paio di volte, come se stesse per dire qualcosa e si trattenesse all'ultimo istante.

Infine, Trevize lo guardò e chiese: - Be?

- Hai escogitato qualcosa, Golan?

- Perché me lo domandi?

- Sembri meno depresso.

- Sono ancora depresso... però ho riflettuto. E molto.

- Possiamo conoscere le tue conclusioni? - fece Pelorat.

Trevize lanciò una rapida occhiata a Bliss. Lei aveva lo sguardo incollato al suo piatto, chiusa in un silenzio cauto, quasi si rendesse conto che in un momento così delicato Pelorat avrebbe ottenuto risultati migliori di lei.

- Sei curiosa anche tu, Bliss? - fece Trevize.

Bliss alzò gli occhi un attimo. - Sì. Certo.

Fallom imbronciata diede un calcio a una gamba del tavolo. - Abbiamo trovato la Terra?

Bliss le strinse una spalla. Trevize la ignorò.

Disse: - Dobbiamo partire da un fatto basilare. Su vari mondi, tutte le informazioni riguardanti la Terra sono state cancellate. Il che ci porta a una conclusione inevitabile. Sulla Terra si nasconde qualcosa. Eppure, coi rilevamenti, vediamo che la Terra ha un livello letale di radioattività, radioattività che rappresenta un nascondiglio ideale. Nessuno può atterrare sul pianeta, e da questa distanza, cioè nei pressi dei limite esterno della magnetosfera, non risulta nulla.

- Ne sei certo? - chiese Bliss.

- Ho passato parecchio tempo al computer, analizzando la Terra in ogni modo immaginabile. No, non c'è nulla là. E soprattutto, io sento che non c'è nulla. Allora, perché i dati riguardanti la Terra sono stati cancellati? E impensabile che possa esistere un nascondiglio più efficace di questo, dunque a che scopo confondere ulteriormente le acque?

- Forse - disse Pelorat - un tempo c'era davvero qualcosa nascosto sulla Terra, quando la Terra non era ancora tanto radioattiva da essere inavvicinabile. Forse i Terrestri temevano che qualcuno atterrasse e trovasse questa misteriosa cosa nascosta, ed è stato allora che hanno cercato di cancellare le informazioni. In tal caso si tratterebbe soltanto di una traccia ormai insignificante che risale a un passato di insicurezza.

- Non credo - replicò Trevize. - Se non sbaglio, la cancellazione delle informazioni della Biblioteca Imperiale di Trantor è avvenuta di recente. - Si rivolse a Bliss. - Giusto?

Bliss rispose: - Io/noi/Gaia abbiamo tratto questa conclusione dalla mente turbata dell'Oratore Gendibal, della Seconda Fondazione, quando lui, tu ed io ci siamo riuniti col Sindaco di Terminus.

- Dunque, la cosa che è stata nascosta in quanto esisteva la possibilità di scoprirla, deve essere nascosta anche adesso, e deve esserci tuttora la possibilità di trovarla, nonostante la radioattività della Terra.

- Ma come? - fece Pelorat apprensivo.

- Riflettiamo - disse Trevize. - Forse quella cosa, che era sulla Terra, non è più sulla Terra, ma è stata trasferita altrove quando il rischio radioattivo è aumentato troppo. E anche se il segreto non è più sulla Terra, può darsi che trovando la Terra si riesca a dedurre qual è il nuovo nascondiglio... Da qui, la necessità di tenere ugualmente nascosta la posizione della Terra!

La vocetta di Fallom si intromise nel discorso. - Perché se non troviamo la Terra, Bliss dice che mi riporterete da Jemby.

Trevize fulminò Fallom con un'occhiataccia, e Bliss disse sottovoce: - Ti ho detto che forse l'avremmo fatto, Fallom. Ne riparleremo dopo. Adesso vai nella tua stanza e leggi, o suona il flauto, o fai quello che preferisci... Su, vai... vai...

Fallom imbronciata si allontanò dal tavolo.

Pelorat disse: - Ma come puoi fare una simile affermazione, Golan? Siamo arrivati. Abbiamo individuato la Terra. Se quello che cerchiamo non è sulla Terra, siamo davvero in grado di dedurre dove si trovi?

- Certo! - rispose Trevize, superato l'attimo di malumore provocato da FalIom. - Riflettiamo... La radioattività della crosta terrestre è sempre più alta... La popolazione diminuisce sempre più, perché muore o perché emigra... E il segreto, qualunque sia, si trova in pericolo... Come fare allora per proteggerlo? Non rimane che trasferirlo su un altro mondo, altrimenti non sarebbe più di alcuna utilità per la Terra. Probabilmente c'è una certa riluttanza, e il trasferimento avviene all'ultimo momento... Bene, Janov, ricordi il vecchio di Nuova Terra che ti ha martellato le orecchie con le sue storie?

- Monolee?

- Appunto. Riferendosi alla fondazione di Nuova Terra, non ti ha detto che i superstiti della popolazione terrestre furono portati su quel pianeta?

- Intendi dire, vecchio mio, che quello che cerchiamo è su Nuova Terra? Che è stato portato là dai Terrestri partiti per ultimi?

- Non può darsi che sia così? - fece Trevize. - Nella Galassia, Nuova Terra è un mondo praticamente sconosciuto, quasi quanto la Terra, e i suoi abitanti sono ansiosi di tenere alla larga i ficcanaso.

- Siamo stati su quel mondo - intervenne Bliss. - Eppure non abbiamo trovato nulla.

- Non stavamo cercando nulla, se non la posizione della Terra.

Pelorat osservò perplesso: - Ma noi cerchiamo qualcosa di tecnologicamente avanzato, qualcosa in grado di cancellare delle informazioni preziose sotto il naso della Seconda Fondazione, e perfino... scusa, Bliss... perfino sotto il naso di Gaia. Gli abitanti di Nuova Terra sono capaci di controllare i fenomeni meteorologici sulla loro isola, d'accordo, e dispongono di certe tecniche biotecnologiche, però devi riconoscere che il loro livello tecnologico complessivo è piuttosto basso.

Bliss annuì. - Sono d'accordo con Pel.

Trevize ribatté: - Stiamo giudicando in base a dati troppo scarsi. Non abbiamo mai visto gli uomini della flotta da pesca. A parte il punto dove siamo scesi, non abbiamo visto nessuna altra zona dell'isola. Chissà cosa avremmo potuto scoprire compiendo un'esplorazione più accurata? In fin dei conti, non avevamo riconosciuto le luci fluorescenti finché non le abbiamo viste in funzione. E se il loro livello tecnologico sembrava basso... sembrava, ho detto...

- Sì - fece scettica Bliss.

- Ecco, forse rientrava nella messinscena allestita per mascherare la verità.

- Impossibile - fece Bliss.

- Impossibile? Sei stata tu a dirmi, su Gaia, che su Trantor il livello tecnologico globale era mantenuto volutamente basso per nascondere la presenza del piccolo gruppo di esponenti della Seconda Fondazione. Forse su Nuova Terra sono ricorsi alla stessa strategia, no?

- Vorresti dire, allora, che dovremmo tornare su Nuova Terra a farci contagiare, questa volta in modo definitivo? Indubbiamente il rapporto sessuale è un veicolo di contagio piacevole, forse però non è l'unico.

Trevize scrollò le spalle. - Non è che smanii dalla voglia di tornare là, ma può darsi che dobbiamo farlo.

- Può darsi?

- Già, può darsi! C'è un'altra possibilità, infatti!

- Cioè?

- Nuova Terra ruota attorno alla stella chiamata Alpha Centauri. Ma Alpha Centauri fa parte di un sistema binario. Se chiamiamo il sole di Nuova Terra Alpha Centauri A, e il suo compagno meno luminoso Alpha Centauri B... non potrebbe esserci un pianeta abitabile anche attorno ad Alpha Centauri B?

- È una stella troppo poco luminosa, secondo me - scosse il capo Bliss. - La sua luminosità rispetto al Alpha A è di un quarto.

- È poco luminosa, ma non troppo debole. Basta che il pianeta sia abbastanza vicino alla stella.

Pelorat chiese: - Stando al computer, ci sono dei pianeti attorno alla stella gemella?

Trevize sorrise e rispose: - Ho controllato. Ci sono cinque pianeti di dimensioni medie. Nessun gigante gassoso.

E tra i cinque, ce n'è uno abitabile?

Il computer non dà nessuna informazione su quei pianeti... dice soltanto che sono cinque e che non sono grandi.

- Oh - fece Pelorat deluso.

- Non è il caso di perdersi d'animo - disse Trevize. - I Mondi Spaziali non figurano nemmeno nel computer. Le informazioni su Alpha Centauri A sono minime... Se non si sa quasi nulla su Alpha Centauri B, be', potremmo interpretarlo come un segno positivo.

- Allora che intenzioni hai? - chiese Bliss sbrigativa. - Vuoi raggiungere Alpha B e, se non approderemo a nulla, tornare ancora su Alpha A, vero?

- Sì. E questa volta quando raggiungeremo l'isola di Nuova Terra sapremo cosa aspettarci. Esamineremo per bene tutta l'isola prima di scendere... e, Bliss, spero che userai i tuoi poteri mentali per ripararci...

In quel preciso istante, la Far Star sussultò leggermente, fu scossa da una specie di singhiozzo navigazionale, e Trevize in un misto di rabbia e di stupore urlò: - Chi c'è ai comandi?

Ma mentre parlava conosceva già la risposta.

 

XCV

 

Fallom sedeva al computer, completamente assorta. Le sue mani piccole dalle dita affusolate erano allargate al massimo per combaciare coi contorni leggermente luminosi delle mani tracciate sulla scrivania. Le dita di Fallom sembravano affondare nel materiale della scrivania, anche se questo era effettivamente duro e sdrucciolevole.

Spesse volte Fallom aveva visto Trevize che teneva le mani in quella posizione, e aveva capito che in quel modo controllava la nave anche se in apparenza non faceva nient'altro.

Di tanto in tanto, lo aveva visto chiudere gli occhi, così adesso anche lei li chiuse. Dopo un attimo, le parve quasi di sentire una vocina lontana... lontana, ma che le risuonava nella testa, attraverso i lobi trasduttori (percepiva in modo vago). I lobi erano ancor più importanti delle mani. Si sforzò di capire le parole...

Istruzioni, chiese la voce, in tono quasi supplichevole. Quali sono le istruzioni?

Fallom non disse nulla. Trevize non diceva mai nulla al computer... Ma sapeva quale fosse la cosa che desiderava con tutta se stessa. Voleva tornare su Solaria, nella sua comoda e smisurata residenza... da Jemby... Jemby... Jemby...

Voleva tornare là e, mentre pensava al mondo che amava, lo immaginò sullo schermo, visibile come tanti altri mondi che aveva visto ma che non le interessavano. Aprì gli occhi e fissò lo schermo desiderando che apparisse un altro mondo al posto di quella odiosa Terra... immaginando poi che quello che vedeva ora fosse Solaria... odiava la Galassia vuota in cui l'avevano gettata contrariamente alla sua volontà... Le vennero le lacrime agli occhi, e la nave tremò.

Fallom avvertì il tremito, e a sua volta oscillò un po'...

Poi sentì dei passi pesanti nel corridoio, e d'un tratto la faccia di Trevize, contratta, le ostruì la visuale, nascondendo lo schermo che racchiudeva la meta dei suoi desideri. Trevize stava gridando qualcosa, ma lei lo ignorò. Era stato lui a portarla via da Solaria uccidendo Bander, era lui che le impediva di ritornare pensando solo alla Terra... be', lei non lo avrebbe ascoltato.

Avrebbe riportato la nave su Solaria... e la forza della sua determinazione fece tremare di nuovo la Far Star.

 

XCVI

 

Bliss afferrò il braccio di Trevize. - No! No!

Si aggrappò a lui, trattenendolo, mentre Pelorat, frastornato, pietrificato, indugiava sulla soglia.

Trevize stava urlando. - Togli le mani dal computer!... Bliss, non metterti in mezzo... Non voglio farti male!

- Non toccare la bambina! - gli intimò Bliss. - O dovrei farti del male io... ignorando tutte le istruzioni.

Lo sguardo inferocito di Trevize si spostò da Fallom a Bliss. - Allora levamela di torno! Subito!

Bliss lo spinse via con forza sorprendente. (Forza trasmessale da Gaia, forse, rifletté in seguito Trevize.)

- Fallom - disse Bliss - via le mani da lì.

- No - strillò la bambina. - Voglio che la nave vada su Solaria. Voglio che vada là. Là! - E fece un cenno in direzione dello schermo, senza spostarsi di un millimetro.

Bliss posò le mani sulle spalle della bambina, e subito Fallom cominciò a tremare.

La voce di Bliss divenne un mormorio... - Su, Fallom, di' al computer di tornare come prima, e vieni con me. Vieni con me. - Le sue mani presero ad accarezzare Fallom, che si abbandonò a un pianto a dirotto.

Fallom staccò le mani dalla scrivania e Bliss, stringendola sotto le ascelle, la drizzò in piedi, la fece girare e l'attirò a sé, lasciando che la bambina si sfogasse sul suo petto.

Bliss disse a Trevize, fermo sulla soglia: - Spostati, e non toccarci adesso.

Trevize si scansò.

Bliss si fermò un istante e gli disse sottovoce: - Sono stata costretta a inserirmi per un attimo nella sua mente. Se avrò provocato qualche danno, non potrò perdonarti tanto facilmente.

Trevize avrebbe voluto ribattere che non gli importava un millimetro di vuoto cosmico della mente di Fallom, che lui era preoccupato per il computer. Ma di fronte allo sguardo ostile di Gaia (quell'espressione che faceva raggelare il sangue non poteva dipendere unicamente da Bliss) preferì tacere.

Rimase zitto e immobile finché Bliss e Fallom non furono uscite, o meglio finché Pelorat non mormorò: - Golan, stai bene? Non ti ha fatto male, vero?

Trevize scosse la testa con veemenza, quasi intendesse scrollarsi di dosso la paralisi momentanea che lo aveva bloccato. - Tutto a posto. Il problema se mai è un altro... Chissà se è a posto il computer! - Si sedette, posando le mani dove pochi istanti prima le aveva posate Fallom.

- Be'? - chiese ansioso Pelorat.

Trevize si strinse nelle spalle. - Pare che risponda normalmente. Può darsi che trovi qualcosa che non va in un secondo tempo, ma per il momento niente di sospetto. - E aggiunse rabbioso: - Il computer dovrebbe entrare in contatto solo con le mie mani... ma nel caso di questo ermafrodita non si è trattato soltanto delle mani... Sono sicuro che anche i lobi trasduttori...

- Ma cos'è che ha scosso la nave? Non dovrebbe farlo, no?

- No. È una nave gravitazionale, e non dovrebbero sentirsi questi effetti inerziali. Ma quel piccolo mostro...

- Sì?

- Secondo me, ha dato al computer due istruzioni contraddittorie, e così forti che il computer è stato costretto a tentare di fare entrambe le cose contemporaneamente. Nel tentativo di fare l'impossibile, il computer deve avere annullato momentaneamente l'effetto anti-inerziale... Almeno, credo che sia successo questo...

Poi d'un tratto l'espressione di Trevize sì rilassò leggermente. - E forse è stato un bene che sia andata così, perché ripensandoci tutte le mie chiacchiere a proposito di Alpha Centauri A e Alpha B erano solo sciocchezze. Adesso so dove deve avere trasferito il suo segreto la Terra.

 

XCVII

 

Pelorat lo fissò, poi ignorò l'ultima affermazione e tornò a un interrogativo precedente. - In che modo Fallom può aver chiesto due cose contraddittorie?

- Be', ha detto che voleva far tornare la nave su Solaria.

- Sì, certo.

- Ma cosa intendeva per Solaria? Fallom non può riconoscere Solaria dallo spazio. Non l'ha mai vista dallo spazio. Dormiva quando siamo fuggiti da quel mondo. E per quanto abbia letto i tuoi libri, per quanto Bliss le abbia insegnato delle cose secondo me Fallom non è in grado di afferrare realmente il concetto di una Galassia che comprende centinaia dì miliardi di stelle e milioni di pianeti abitati. È cresciuta sottoterra, in solitudine, ed è già tanto se riesce ad afferrare a fatica il concetto dell'esistenza di mondi diversi... Ma quanti? Due? Tre? Quattro? Vedendo un mondo, è logico che a lei sembri uguale a Solaria... anzi che lei pensi che quel mondo sia Solaria, dal momento che ha un desiderio disperato di tornare là... Ecco, probabilmente Bliss ha cercato di calmarla dicendole che se non avessimo trovato la Terra l'avremmo riportata su Solaria, per cui Fallom deve essersi messa in testa che Solaria è vicina alla Terra.

- Be'... Ma cosa te lo fa pensare, Golan?

- È come se lei stessa ce lo avesse detto, Janov, quando ci siamo precipitati qui... Ha gridato che voleva andare su Solaria e indicando lo schermo ha aggiunto: «là, là». E cosa c'era sullo schermo? Il satellite della Terra. Non c'era, quando mi ero allontanato dal computer per venire a mangiare... C'era la Terra allora sullo schermo... Ma quando ha chiesto Solaria, Fallom dev'essersi raffigurata mentalmente il satellite, e il computer logicamente lo ha inquadrato... Credimi, Janov, so come funziona questo computer.

Pelorat osservò la falce di luce sullo schermo e disse meditabondo: - Si chiamava "Luna" in una lingua della Terra. Ma chissà quanti altri nomi aveva nelle altre lingue... Immagina che confusione, vecchio mio, su un mondo con numerose lingue... pensa agli equivoci, alle complicazioni...

- Luna? - fece Trevize. - Be', come nome non è affatto complicato... Tra parentesi, ora che ci penso, forse la bambina ha cercato istintivamente di muovere la nave servendosi dei suoi lobi trasduttìvi, utilizzando l'energia della nave... e può darsi sia stato questo a causare quel momentaneo sbandamento inerziale... Comunque, non ha importanza, Janov... L'importante è che, grazie a questo incidente, sullo schermo è apparsa la Luna... sì, mi piace il nome... è apparsa ingrandita, ed è ancora lì... La sto osservando, e sto notando qualcosa di interessante...

- Cosa, Golan?

- Le sue dimensioni. Di solito si tende a ignorare i satelliti, Janov. Di solito sono così piccoli... Questo è diverso. È un mondo. Ha un diametro di circa tremilacinquecento chilometri.

- Un mondo? Non direi... Non può essere abitabile. Anche se ha un diametro del genere, è troppo piccolo. Non ha atmosfera. Basta guardare per capirlo. Non ci sono dubbi. La sua curvatura è molto accentuata, come lo è la linea interna di demarcazione tra l'emisfero diurno e quello notturno.

Trevize annuì. - Stai diventando un vero lupo dello spazio, Janov. Hai ragione. Non c'è aria. Non c'è acqua... Ma questo significa solamente che la Luna è inabitabile in superficie... E sotto la superficie?

- Sottoterra? - fece Pelorat dubbioso.

- Sì. Perché no? Le città della Terra erano sotterranee, mi hai detto... Trantor, pure... Buona parte della capitale di Comporellen è sotterranea, come lo sono le residenze solariane. È un fatto abbastanza comune, no?

- Ma, Golan, nei casi che hai elencato, si trattava di pianeti abitabili, abitabili in superficie, con tanto di atmosfera e di oceani... È possibile vivere sottoterra quando la superficie è inabitabile?

- Via, Janov, rifletti! Dove stiamo vivendo noi adesso? La Far Star è un mondo microscopico dalla superficie inabitabile. All'esterno non ci sono né aria né acqua. Eppure noi viviamo all'interno senza problemi. La Galassia è piena di stazioni spaziali e di insediamenti spaziali di ogni tipo che, come le navi spaziali, sono abitabili solo all'interno. La Luna può essere vista come una specie di gigantesca astronave.

- Con un equipaggio all'interno?

- Sì. Milioni di persone, per quel che ne sappiamo... e piante e animali... e una tecnologia avanzata... Ascolta, Janov, e dimmi se il mio discorso non è logico... Nei suoi ultimi giorni la Terra è riuscita a mandare un gruppo di coloni su un pianeta del sistema di Alpha Centauri, e con l'aiuto dell'Impero ha cercato di terraformarlo, seminando la vita negli oceani, costruendo letteralmente la terraferma dove non esisteva... Se ha fatto questo, allo stesso modo avrebbe potuto anche inviare un gruppo di coloni sulla Luna e terraformare l'interno del satellite, giusto?

Sebbene riluttante, Pelorat annuì: - È possibile.

- Certo. Se la Terra aveva qualcosa da nascondere, perché mandarla a più di un parsec di distanza dal momento che poteva nasconderla su un mondo vicinissimo? E da un punto di vista psicologico la Luna sarebbe stata certamente un nascondiglio più efficace. Quando si pensa a un satellite, si pensa automaticamente all'assenza di vita. L'ho fatto anch'io. Con la Luna sotto gli occhi, figurati, i miei pensieri sono corsi verso Alpha Centauri! Se non fosse stato per Fallom... - Trevize serrò le labbra, scuotendo il capo. - Credo che dovrò riconoscerle questo merito. O in caso contrario ci penserà sicuramente Bliss.

- Ma, vecchio mio, se sotto la superficie della Luna si nasconde qualcosa, come faremo a trovarla? Saranno milioni di chilometri quadrati.

- Circa quaranta milioni.

- E dovremmo setacciarli tutti? Cercando cosa? Un'apertura? Un portello stagno?

- Presentata in questi termini, sembrerebbe un'impresa colossale... ma ricorda che non stiamo cercando solo degli oggetti. Stiamo cercando la vita, forme di vita intelligenti... E abbiamo Bliss. Individuare l'intelligenza è la sua specialità, no?

 

XCVIII

 

Bliss squadrò Trevize con aria accusatoria. - Finalmente sono riuscita a farla dormire. È stata dura. Fallom era fuori di senno. Non credo di averle causato nessun danno, per fortuna.

Trevize replicò gelido: - Potresti provare a levarle dalla testa la sua fissazione per Jemby, perché non intendo affatto tornare su Solaria.

- Levarle la fissazione... una sciocchezza, vero, Trevize? Ma che ne sai tu di certe cose? Non hai mai percepito una mente. Non hai la più pallida idea della complessità di una mente, altrimenti non parleresti della rimozione di una fissazione come se si trattasse di togliere della marmellata da un vasetto.

- Be', almeno potresti indebolirla.

- Potrei indebolirla leggermente, forse, ma dopo un mese di infralettura accurata.

- Infralettura? Che significa?

- È impossibile spiegarlo a un non-iniziato.

- Be', allora che intendi fare riguardo la bambina?

- Non lo so ancora... Bisognerà riflettere a fondo.

- In tal caso - disse Trevize - ti spiegherò cosa faremo noi. So già quali sono le tue intenzioni. Tornare su Nuova Terra e abbordare di nuovo la bella Hiroko, se ti prometterà di non contagiarti questa volta.

Trevize rimase impassibile. - No. Ho cambiato idea. Andremo sulla Luna... che è il nome del satellite, stando a Janov.

- Sul, satellite? Perché è il mondo più a portata di mano? Non ci avevo pensato.

- Neppure io. Né nessun altro... Nella Galassia non esistono satelliti degni di nota... ma questo satellite, per le sue dimensioni, è unico. E soprattutto, l'anonimato della Terra sì estende anche sul suo satellite. Chi non trova la Terra non trova nemmeno la Luna.

- È abitabile?

- In superficie, no... Però non è radioattiva, quindi non è inabitabile in assoluto. Forse ospita la vita... forse brulica addirittura di vita, sotto la superficie. E, naturalmente, tu sarai in grado di dircelo quando saremo abbastanza vicini.

Bliss si strinse nelle spalle. - Proverò... Ma come mai tutt'a un tratto hai pensato al satellite?

Trevize rispose sottovoce: - L'idea mi è venuta dopo che Fallom si è impadronita dei comandi e ha fatto una cosa.

Bliss aspettò maggiori delucidazioni, quindi si strinse ancora nelle spalle. - Qualunque cosa abbia fatto Fallom, ho la sensazione che non avresti avuto questa ispirazione se avessi dato retta ai tuoi impulsi ucciderla.

- Mai avuto intenzione di ucciderla, Bliss.

Bliss agitò la mano. - D'accordo... Stiamo avanzando verso questa Luna, adesso?

- Sì. Per precauzione procediamo lentamente, ma se non ci saranno intoppi entro trenta ore dovremmo essere a destinazione.

 

XCLX

 

La Luna era una distesa desolata. Trevize osservò la parte diurna che scorreva in basso... Un panorama monotono di crateri e di aree montuose, e di ombre nere e nettissime che spiccavano nel chiarore solare. Il terreno presentava lievi cambiamenti di colore e, di tanto in tanto, ampi tratti pianeggianti butterati da piccoli crateri.

Avvicinandosi al lato notturno, le ombre si allungarono per fondersi poi con l'oscurità. Per un po', dietro di loro, i picchi montuosi scintillarono, più luminosi delle stelle. Poi scomparvero e sotto la Far Star rimase solo il debole riflesso della Terra, una grande sfera bluastra illuminata per meno di tre quarti. La nave infine superò anche la Terra, che scomparve sotto l'orizzonte, e il panorama divenne di un nero assoluto.

Poi, di fronte, apparvero nuove stelle, brillanti... dapprima un paio, poi altre, sempre più fitte, a formare quasi una massa compatta. E di colpo oltrepassarono il terminatore e furono di nuovo nel lato diurno. Il sole ardeva, era di uno splendore infernale... Lo schermo cambiò subito inquadratura, filtrando il riflesso abbagliante del terreno sottostante.

Trevize si rendeva perfettamente conto che era assurdo sperare di trovare una via d'accesso all'interno abitato (sempre che esistesse) affidandosi solo a una esplorazione visiva, data l'enormità di quel mondo.

Si voltò verso Bliss, seduta accanto a lui. Bliss non osservava lo schermo; aveva gli occhi chiusi e, più che seduta, era accasciata sulla sedia.

Trevize, chiedendosi se si fosse addormentata, fece sottovoce: - Non capti nient'altro?

Bliss scosse la testa. - No... Solo quella debole traccia. Meglio tornare là... Conosci la posizione?

- Il computer la conosce.

Era come puntare su un obiettivo, e non ci volle molto per individuarlo. La zona in questione era nel lato notturno e, a parte il lucore grigiastro e spettrale riflesso dalla Terra, non si distingueva nulla, malgrado le luci della sala comandi fossero state spente per facilitare l'osservazione.

Pelorat si era avvicinato e indugiava apprensivo sulla soglia. - Non abbiamo trovato nulla?

Trevize lo zittì alzando una mano. Stava osservando Bliss. Sapeva che sarebbero trascorsi dei giorni prima che la luce solare tornasse a illuminare quel punto, ma sapeva anche che per quello che Bliss stava cercando di individuare non occorreva alcun genere di luce.

Bliss disse: - È qua.

- Sicura?

- Sì.

- Ed è l'unico punto?

- L'unico che ho individuato. Abbiamo sorvolato tutta la superficie della Luna?

- Gran parte.

- Be', nella parte che abbiamo esaminato, non ho individuato nient'altro. Adesso è più forte... come se ci avesse individuato, e non mi sembra nulla di pericoloso. Percepisco una sensazione di benvenuto.

- Sicura?

- È la sensazione che percepisco.

Pelorat disse: - Non potrebbe essere una finzione?

Bliss replicò con un lieve scatto di alterigia: - Se fosse un trucco me ne accorgerei, te lo assicuro.

Trevize borbottò qualcosa a proposito della sicurezza eccessiva, poi disse: - Percepisci un'intelligenza, spero...

- Un'intelligenza molto forte. Solo che... - E la voce di Bliss assunse un tono strano.

- Solo che?

- Shhh... Lasciami concentrare - sussurrò Bliss. Poi, sorpresa: - Non è umana!

- Non è umana? - disse Trevize, ben più sorpreso. - Ancora robot? Come su Solaria?

- No - sorrise Bliss. - Non è nemmeno robotica.

- O è l'una o è l'altra.

- Nessuna delle due invece. - Ora Bliss ridacchiava. - Non è umana, eppure è diversa da quella dei robot che ho incontrato finora.

Pelorat esclamò: - Mi piacerebbe proprio vedere cos'è! - Scuoteva forte la testa, e aveva gli occhi spalancati tanto era entusiasta. - Sarebbe eccitante... Qualcosa di nuovo!

- Qualcosa di nuovo - annuì Trevize sentendosi d'un tratto rincuorato... e un lampo inatteso di intuizione parve sprizzargli dagli occhi.

 

C

 

Scesero verso la superficie lunare trascinati da qualcosa che rasentava l'esultanza. Perfino Fallom si era unita a loro, e con tipico abbandono infantile faceva salti di gioia come se stesse tornando davvero su Solaria.

Trevize invece avvertiva dentro di sé un barlume di equilibrio mentale che creava de li interrogativi... Era strano che la Terra... o la parte di Terra che si trovava ora sulla Luna... dopo aver fatto il possibile per tenere alla larga gli intrusi, adesso stesse invece invitandoli ad avvicinarsi... Che lo scopo fosse sempre lo stesso? Che si trattasse di un'applicazione della tattica che diceva: "Se non puoi tenerli alla larga, attirali all'interno e distruggili"

Ma quel pensiero scomparve travolto dal vortice di gioia che si faceva sempre più intensa via via che si avvicinavano alla superficie lunare. Intensa... comunque Trevize riuscì ad aggrapparsi all'attimo di illuminazione che l'aveva colpito poco prima che iniziassero il loro tuffo verso il satellite della Terra.

Apparentemente, Trevize non aveva alcun dubbio riguardo la destinazione della nave. Adesso stavano sfiorando la sommità delle alture ondulate, e Trevize, al computer, non sentiva il bisogno di fare nulla. Era come se lui e il computer venissero guidati, e Trevize provava un'immensa euforia rendendosi conto che il peso delle responsabilità ormai non gravava più sulle sue spalle.

Procedevano paralleli al terreno, verso un dirupo che si ergeva minaccioso come una barriera contro di loro; una barriera che scintillava debolmente nel riflesso terrestre e nel raggio luminoso della Far Star. Il pericolo di una collisione imminente non suscitò alcuna reazione in Trevize, e non provò la minima sorpresa quando si accorse che il tratto di dirupo davanti a loro si era spostato e che si era aperto un corridoio illuminato artificialmente.

La nave rallentò, insinuandosi senza problemi nell'apertura, Proseguendo... L'apertura si richiuse alle loro spalle, e di fronte a loro ne apparve un'altra. La nave penetrò nel secondo passaggio, sbucando in una sala gigantesca che sembrava l'interno cavo di una montagna.

La nave si fermò, e tutti si affrettarono verso la camera stagna e il portello. Nessuno, nemmeno Trevize, pensò di controllare se all'esterno ci fosse un'atmosfera respirabile... o anche semplicemente un'atmosfera.

L'aria c'era, comunque. Respirabilissima, piacevole. Si guardarono intorno soddisfatti, come gente che fosse tornata a casa, e solo dopo un po' notarono la presenza di un uomo che aspettava educatamente che si avvicinassero.

Era alto, aveva un'espressione grave. I suoi capelli erano color bronzo, corti; gli zigomi ampi, gli occhi luminosi. E i suoi vestiti ricordavano i costumi che si vedevano nei libri di storia antica. Anche se sembrava forte e vigoroso aveva chissà come un'aria vaga, indefinibile di stanchezza.

La prima a reagire fu Fallom. Lanciando un grido, si precipitò verso l'uomo, agitando le braccia, strillando: - Jemby! Jemby!

Non rallentò la sua corsa, e quando fu abbastanza vicina l'uomo si chinò e la sollevò, e lei gli gettò le braccia al collo singhiozzando, continuando a esclamare: - Jemby!

Gli altri avanzarono dimostrando un maggior controllo, e Trevize disse scandendo bene le parole (chissà se quell'uomo capiva il galattico?): - Le nostre scuse, signore. Questa bambina ha perduto il suo protettore e lo cerca disperatamente. Non so perché abbia pensato a voi, dal momento che sta cercando un robot, un essere mec...

L'uomo parlò per la prima volta. La sua voce era pratica, più che melodiosa, e conteneva qualche traccia di arcaismo; l'uomo però parlava il galattico con estrema disinvoltura.

- Vi accolgo in amicizia - disse, e il suo era senza dubbio un atteggiamento amichevole, malgrado l'espressione di perenne solennità della faccia. - E questa bambina forse è più perspicace di quel che credete. perché io sono un robot. Il mio nome è Daneel Olivaw.

 

21 - La ricerca termina

 

CI

 

Trevize si ritrovò in uno stato di incredulità assoluta. Si era riavuto dalla strana euforia provata poco prima e poco dopo l'atterraggio... un'euforia impostagli dal sedicente robot che aveva di fronte, forse, rifletté Trevize.

Era ancora a bocca aperta, perfettamente lucido, e smarrito, stupefatto. In preda allo stupore, aveva parlato, comprendendo a stento quello che diceva e quello che sentiva, cercando di trovare in quell'uomo, nel suo aspetto, nel suo comportamento, un indizio rivelatore della sua identità robotica.

Ecco perché Bliss aveva individuato qualcosa che non era né umana né robotica, bensì, per usare l'espressione di Pelorat, "qualcosa di nuovo". Ed era stato un bene, naturalmente, perché a quel punto i pensieri di Trevize avevano preso una rotta diversa, più chiara...

Bliss e Fallom si erano allontanate per esplorare il posto. La proposta era stata di Bliss, ma Trevize aveva avuto l'impressione che fosse nata dopo una brevissima occhiata tra Bliss e Daneel. Quando Fallom si era rifiutata di muoversi chiedendo di restare lì, accanto all'essere che si ostinava a chiamare Jemby, una parola seria di Daneel e un gesto della mano erano bastate a vincere immediatamente la resistenza della bambina. Trevize e Pelorat erano rimasti.

- Non appartengono alla Fondazione, signori - disse il robot, come se quello spiegasse tutto. - Una è Gaia, e una è una Spaziale.

Trevize restò in silenzio mentre venivano accompagnati verso alcune sedie di linea estremamente semplice disposte sotto un albero. A un cenno del robot si accomodarono, dopo di che anche il robot si sedette, con movimenti del tutto umani.

- Sei davvero un robot? - chiese allora Trevize.

- Sì, signore.

Pelorat era raggiante di gioia. - Nelle vecchie leggende ci sono dei riferimenti a un rogoiot chiamato Daneel. Sei stato chiamato così in suo onore?

- Sono quel robot - rispose Daneel. - Non è una leggenda.

- Oh, no - fece Pelorat. - Per essere quel robot, dovresti avere migliaia di anni d'età.

- Ventimila - disse Daneel senza scomporsi.

Pelorat sembrò sconcertato e si voltò verso Trevize, che con una sfumatura di rabbia disse: - Se sei un robot, ti ordino di dire la verità.

- Non è necessario che mi si ordini di dire la verità, signore. Io devo dirla. Dunque, signore, siete di fronte a tre possibilità... Sono un uomo e sto mentendo; sono un robot programmato in modo tale da credere di avere ventimila anni, ma non ho quell'età; oppure, sono un robot che ha davvero ventimila anni... A voi decidere l'alternativa da accettare.

- Forse il problema si risolverà da solo continuando a parlare - fece Trevize asciutto. - Del resto, si stenta a credere di essere all'interno della Luna. La luce... - E mentre lo diceva guardò in alto, perché la luce era identica a quella del sole, anche se non c'era nessun sole in cielo, anche se non c'era neppure un cielo ben definito... - e la gravità non sembrano credibili. Questo mondo dovrebbe avere una gravità superficiale inferiore a 0,2 g.

- Normalmente la gravità superficiale dovrebbe essere di 0,16 g, per la precisione, signore. Comunque, viene aumentata dalle stesse forze che, sulla vostra nave, vi danno la sensazione di una gravità normale, e in caduta libera e in fase di accelerazione. Anche altri bisogni energetici, compresa la luce, vengono fronteggiati gravitazionalmente, anche se quando è comodo usiamo l'energia solare. Ai nostri bisogni materiali provvede il terreno lunare, esclusi gli elementi leggeri... l'idrogeno, il carbonio, l'azoto... che la Luna non possiede. Per procurarceli, catturiamo ogni tanto una cometa. Ne basta una al secolo per rifornirci adeguatamente.

- Dunque la Terra è inutilizzabile in questo senso.

- Purtroppo, sì, signore. I nostri cervelli positronici sono sensibili alla radioattività, come le proteine umane.

- Usi il plurale... e questa residenza che abbiamo di fronte sembra molto grande, magnifica, elaborata... almeno vista da qui. Allora ci sono altri esseri sulla Luna? Esseri umani? Robot?

- Sì, signore. Sulla Luna abbiamo un'ecologia completa e un'ampia e complessa cavità che ospita questa ecologia. Gli esseri intelligenti, comunque, sono tutti robot, più o meno come me. Ma non ne vedrete neppure uno. E questa residenza, è usata solo da me ed è identica a una in cui vivevo ventimila anni fa

- Che ricordi dettagliatamente, vero?

- Vero, signore. Sono stato costruito e ho vissuto per breve tempo sul Mondo Spaziale di Aurora.

- Quello coi... - Trevize si interruppe.

- Sì, signore. Quello con i cani.

- Ne sei al corrente?

- Sì, signore.

- Come mai ti trovi qui, se all'inizio vivevi su Aurora?

- Signore, sono venuto qui agli inizi della colonizzazione della Galassia per impedire la creazione di una Terra radioattiva. Con me c'era un altro robot, di nome Giskard, capace di percepire e modificare le mentì.

- Come Bliss?

- Sì, signore. Il nostro tentativo non ebbe pienamente successo, e Giskard cessò di funzionare. Prima di cessare, però, fece in modo che anch'io disponessi del suo talento, e affidò a me il compito di badare alla Galassia... alla Terra, soprattutto.

- Perché soprattutto alla Terra?

- In parte per via di un uomo di nome Elijah Baley, un Terrestre.

Pelorat intervenne eccitato: - Golan, è l'eroe culturale di cui ti ho parlato qualche tempo fa!

- Un eroe culturale, signore?

- Il dottor Pelorat con questo termine intende indicare una persona alla quale erano attribuite molte cose - disse Trevize - e che forse nella storia reale era un'unione di più uomini, o un personaggio inventato.

Daniel rifletté un istante. - Non è così, signori. Elijah Baley era un uomo vero, e singolo. Non so cosa dicano le vostre leggende, ma nella storia reale, senza di lui forse la Galassia non sarebbe mai stata colonizzata. In suo onore, ho fatto del mio meglio per salvare quel che potevo della Terra, dopo l'inizio della radioattività. I miei compagni robot furono inviati in tutta la Galassia nel tentativo di influenzare una persona qui... un'altra là... Una volta riuscii a organizzare l'avvio del riciclaggio del suolo terrestre. Un'altra volta, molto tempo dopo, avviai col mio intervento la terraformazione di un mondo del sistema di Alpha Centauri. In entrambi i casi non ebbi del tutto successo. Non potevo modificare a mio piacimento le menti umane, perché esisteva sempre il rischio di danneggiare gli esseri umani da influenzare. Vedete, a vincolarmi c'erano, e ci sono tuttora, le Leggi della Robotica.

- Sì?

Non erano necessari i poteri mentali di Daneel per cogliere l'incertezza presente in quel monosillabo.

- La Prima Legge, signore, è questa: "Un robot non può danneggiare un essere umano né, attraverso l'inazione, per mettere che un essere umano venga danneggiato". La Seconda Legge dice: Un robot deve obbedire agli ordini dati dagli esseri umani, a meno che questi ordini non violino la Prima Legge". La Terza Legge dice: "Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché tale protezione non sia in contrasto con fa Prima o la Seconda Legge"... Naturalmente, vi espongo queste leggi nell'approssimazione del linguaggio. in realtà, si tratta di complicate configurazioni matematiche dei nostri schemi cerebrali positronici.

- Ti riesce difficile tener conto di queste leggi?

- Certo, signore. Dev'essere così... La Prima Legge è qualcosa di assoluto che mi impedisce quasi l'uso dei miei poteri mentali. Quando si ha a che fare con la Galassia, è improbabile che un'azione non sfoci in qualche conseguenza dannosa. Alcune persone, forse molte, finiranno sempre col soffrire, per cui un robot dovrà scegliere il danno minore possibile. Eppure, la complessità delle possibilità è tale che occorre tempo per fare quella scelta, e nemmeno allora si può essere del tutto sicuri.

- Capisco - fece Trevize.

- Attraverso tutta la storia galattica - disse DaneeI - ho cercato di migliorare gli aspetti peggiori dei conflitti e dei disastri manifestatisi nella Galassia. Può darsi che ci sia riuscito, qualche volta, e in parte... ma se conoscete la storia galattica saprete di certo che i miei successi sono stati rari e di scarsa entità.

- Lo so - disse Trevize con un sorriso amaro.

- Appena prima della sua fine, Giskard concepì una legge robotica che superava addirittura la prima. La chiamammo "Legge Zero", non trovando un altro nome adeguato. La Legge Zero afferma che: "Un robot non può danneggiare l'umanità né, attraverso l'inazione, permettere che l'umanità venga danneggiata". Il che comporta automaticamente un cambiamento de a Prima Legge in: "Un robot non può danneggiare un essere umano né, attraverso l'inazione, permettere che un essere umano venga danneggiato, purché questo non sia in contrasto con la Legge Zero". E allo stesso modo vanno modificate anche la Seconda e la Terza Legge.

Trevize corrugò la fronte. - Come si fa a decidere quel che è dannoso, o meno, per l'umanità presa complessivamente?

- Appunto, signore... In teoria, la Legge Zero era la risposta ai nostri problemi. In pratica, era impossibile decidere. Un essere umano è un oggetto concreto. I danni a una persona possono essere valutati, osservati. L'umanità è un'astrazione. Come comportarsi di fronte ad essa?

- Non lo so - disse Trevize.

- Un momento - intervenne Pelorat. - Si potrebbe trasformare l'umanità in un organismo singolo... Gaia.

- È quel che ho cercato di fare, signore. Organizzai la fondazione di Gaia. Trasformata in un singolo organismo, l'umanità sarebbe diventata un oggetto concreto, con riscontri visibili e immediati. Comunque, creare un superorganismo non era facile come avevo sperato. Innanzitutto, bisognava che gli esseri umani dessero più importanza al superorganismo che alla loro individualità, quindi dovevo trovare una struttura mentale adatta. Trascorse parecchio tempo prima che pensassi alle Leggi della Robotica.

- Ah, allora i Gaiani sono robot. L'avevo sospettato fin dall'inizio.

- In tal caso, i vostri sospetti erano infondati, signore. Sono esseri umani, ma nei loro cervelli è stato inculcato saldamente l'equivalente delle Leggi della Robotica. I Gaiani devono rispettare la vita, rispettarla davvero... Ma superato questo ostacolo, restava un altro problema serio. Un superorganismo composto unicamente di esseri umani è instabile. È necessario aggiungere altri animali... piante... la materia inorganica, poi. Il superorganismo più piccolo veramente stabile è un mondo, un mondo abbastanza grande e complesso da possedere un sistema ecologico stabile. Mi occorse molto tempo per capirlo, e solo in quest'ultimo secolo la fondazione di Gaia si è conclusa e Gaia ha potuto iniziare a evolversi in Galaxia. E malgrado ciò, anche questa fase richiederà molto tempo... anche se forse la strada da percorrere sarà più breve di quella già percorsa, dal momento che adesso conosciamo le regole.

- Però avevi bisogno di me, perché decidessi al tuo posto. È così, Daneel?

- Sì, signore. Le Leggi della Robotica non permettevano né a me né a Gaia di prendere quella decisione rischiando di danneggiare l'umanità... E nel frattempo, cinque secoli fa, quando trovare il metodo per superare le difficoltà che ostacolavano la creazione di Gaia sembrava un'impresa irrealizzabile, ricorsi a una soluzione di ripiego accettabile e favorii lo sviluppo della scienza della psicostoria.

- Avrei potuto immaginarlo - mormorò Trevize. - Sai, Daneel, comincio a credere che tu abbia davvero ventimila anni.

- Grazie, signore.

Pelorat disse: - Un attimo... Anche tu fai parte di Gaia, Daneel? È così che hai saputo dei cani su Aurora? Tramite Bliss?

Daneel rispose: - In un certo senso, signore. Sono alleato a Gaia, anche se non ne faccio parte.

Trevize inarcò le sopracciglia. - Come Comporellen, il mondo che abbiamo visitato subito dopo essere partiti da Gaia... Anche là sostenevano di non appartenere alla Confederazione della Fondazione, ma di essere solo alleati.

Daneel annuì lentamente. - Un'analogia pertinente, direi. In quanto collegato a Gaia, posso sapere quello che sa Gaia... tramite la donna, Bliss, per esempio. Gaia, invece, non può essere al corrente di quel che so io, per cui conservo la mia libertà d'azione. Libertà d'azione necessaria, finché Galaxia non avrà raggiunto una fase avanzata di sviluppo.

Trevize fissò il robot e domandò: - E ti sei servito di Bliss come tramite per influenzare il nostro viaggio, per plasmare gli eventi nel modo che ritenevi migliore?

Daneel sospirò, concedendosi un curioso atteggiamento umano. - Non ho potuto far molto, signore. Le Leggi della Robotica mi frenano sempre... Tuttavia, ho alleviato il carico mentale di Bliss, assumendo una piccola parte delle sue responsabilità, perché potesse affrontare i lupi di Aurora e lo Spaziale dì Solaria con maggior prontezza e minor rischio per se stessa. Inoltre, ho influenzato la donna di Comporellen e quella di Nuova Terra, perché fossero ben disposte nei vostri confronti e non intralciassero il vostro viaggio.

Trevize sorrise mesto. - Avrei dovuto capirlo che non era merito mio.

Daneel accettò quella dichiarazione ignorando il rimprovero che Trevize rivolgeva a se stesso. - Al contrario, signore, in gran parte è stato merito vostro. Le due donne erano ben disposte nei vostri confronti fin dall'inizio. Io mi sono limitato ad accentuare un impulso già presente... in pratica, il massimo che si può fare considerando le restrizioni delle Leggi della Robotica. Per quelle restrizioni, e per altre ragioni, solo con grandi difficoltà vi ho portati qui, e solo indirettamente. In parecchie occasioni ho rischiato seriamente di perdervi.

- E adesso sono qui - disse Trevize. - Cosa vuoi da me? Che confermi la decisione favorevole a Galaxia?

Il volto di Daneel, solitamente inespressivo, riuscì chissà come ad esprimere un senso di disperazione. - No, signore. La sola decisione non è più sufficiente. Vi ho condotti qui, come meglio potevo date le mie condizioni attuali, per qualcosa di ben più serio. Sto morendo.

 

CII

 

Forse dipendeva dal tono pratico di Daneel; forse dal fatto che dopo ventimila anni di vita la morte non sembrava un evento tragico, soprattutto a chi era destinato a vivere per meno di cent'anni... In ogni caso, Trevize non provò alcuna compassione.

- Morire? Una macchina può morire?

- Posso cessare di esistere, signore. Usate il termine che preferite... Sono vecchio. Nessun essere senziente della Galassia in vita quando cominciai a esistere è sopravvissuto fino ad oggi. Io stesso manco di continuità.

- In che senso?

- Nel mio corpo, signore, non c'è una sola parte fisica che non sia stata sostituita più volte. Perfino il mio cervello positronico ha subito cinque sostituzioni. Ogni volta, il contenuto del cervello precedente è stato impresso in quello nuovo fino all'ultimo positrone. Ogni volta, il cervello nuovo aveva una capacità e una complessità superiori rispetto al vecchio, e c'era spazio per una quantità maggiore di ricordi, per una maggiore rapidità di decisione e d'azione. Ma...

- Ma?

- Più un cervello è complesso, più è instabile, e più rapido è il suo deterioramento. Il mio ultimo cervello è centomila volte più sensibile del primo, ma mentre il mio primo cervello è durato oltre diecimila anni quello attuale ha appena seicento anni, ed è già senescente. Ormai ha raggiunto l'apice delle sue potenzialità, ed è subentrato il declino... La capacità decisionale è in rapido decadimento; la capacità di esaminare e influenzare le menti a distanza iperspaziale sta diminuendo ancor più in fretta. Del resto, non posso certo progettare un sesto cervello. Una ulteriore miniaturizzazione cozzerebbe contro il muro del principio di indeterminazione, e una ulteriore complessità garantirebbe solo un decadimento quasi immediato.

Pelorat sembrava estremamente turbato. - Ma, Daneel... senza dubbio Gaia può proseguire anche senza di te. Ora che Trevize ha deciso e ha scelto Galaxia.

- Il processo ha richiesto troppo tempo, signore - disse Daneel, non tradendo come al solito alcuna emozione. - Ho dovuto aspettare che Gaia fosse una realtà compiuta, nonostante le difficoltà impreviste. Quando è stato individuato un essere umano, cioè il signor Trevize, in grado di prendere la decisione chiave, era ormai troppo tardi. Non crediate, comunque, che non abbia adottato alcuna misura per prolungare la mia esistenza. Progressivamente, ho ridotto le mie attività, risparmiandomi per i casi di emergenza. Quando non ho più potuto contare su degli interventi attivi per proteggere l'isolamento del sistema Terra/Luna, sono ricorso a mezzi passivi. Nell'arco di molti anni, i robot umaniformi che lavoravano con me sono stati richiamati alla base, ad uno ad uno. Il loro ultimo compito è stato quello di sottrarre dagli archivi planetari qualsiasi riferimento riguardante la Terra. E senza i miei compagni robot e me stesso in piena attività, a Gaia mancheranno i mezzi essenziali per realizzare lo sviluppo di Galaxia entro un periodo di tempo che non sia eccessivo.

- E tu sapevi tutto questo quando ho preso la mia decisione? - disse Trevize.

- Molto tempo prima, signore. Gaia, naturalmente, non lo sapeva.

- Ma allora - sbottò con rabbia Trevize - a che scopo continuare con questa storia? A cosa è servito? Da quando ho preso quella decisione, ho perlustrato la Galassia in cerca della Terra e di quello che consideravo il suo "segreto"... non sapendo che il segreto eri tu... per poter confermare la decisione. Bene, l'ho confermata. Adesso so che Galaxia è assolutamente essenziale... e scopro che non è servito a nulla. Perché non hai lasciato la Galassia al suo destino... perché non mi hai lasciato al mio destino?

- Perché, signore, stavo cercando una via d'uscita, e ho continuato nella speranza di trovarne una. Credo di esserci riuscito. Invece di sostituire il mio cervello con un cervello positronico, potrei fonderlo con un cervello umano, un cervello non soggetto alle Tre Leggi, che aumenterebbe la capacità del mio cervello e introdurrebbe nuovi poteri. E per questo che siete qui.

Trevize inorridì. - Vorresti fondere un cervello umano col tuo? Sopprimere l'individualità del cervello umano per poter formare una specie di Gaia su scala ridotta?

- Sì, signore. Non diventerei immortale, forse però vivrei abbastanza a lungo da realizzare Galaxia.

- E mi hai portato qui per questo? Vuoi che rinunci alla mia individualità e ti offra la mia indipendenza dalle Tre Leggi e la mia capacità di giudizio?... No!

Daneel replicò: - Eppure un attimo fa avete detto che Galaxia è essenziale per il benessere dell'uma...

- Anche se è essenziale, occorrerebbe parecchio tempo per realizzarla, e io rimarrei un individuo durante la mia vita. D'altro canto, realizzandola rapidamente, ci sarebbe una perdita di individualità a livello galattico e la mia perdita sarebbe una parte infinitesimale dì un fenomeno di portata smisurata... Comunque, non accetterei mai di perdere la mia individualità se il resto della Galassia conservasse la propria...

Daneel disse: - Proprio come pensavo. Il vostro cervello non si fonderebbe bene, e in ogni caso è meglio che conservi una capacità di giudizio indipendente.

- Quand'è che hai cambiato idea? Hai detto che sono qui per la fusione.

- Ho detto: «E' per questo che siete qui», ma il "voi" era inteso in senso plurale. Mi riferivo a tutti voi.

Pelorat si irrigidì sulla sedia. - Davvero? Dimmi, Daneel, un cervello umano fondendosi col tuo assorbirebbe tutti i tuoi ricordi... ventimila anni di ricordi, fino ai tempi leggendari?

- Certo, signore.

Pelorat respirò a fondo. - Realizzerei il sogno della mia vita di studioso, un premio per il quale rinuncerei volentieri alla mia individualità... Bene, concedimi allora il privilegio di fondermi col tuo cervello.

Trevize intervenne sottovoce: - E Bliss?

Pelorat esitò solo un istante. - Bliss capirà... In ogni caso, senza di me starà meglio... dopo un po'.

Daneel scosse il capo. - La vostra offerta è generosa, dottor Pelorat, ma non posso accettarla. Il vostro cervello è vecchio e nella migliore delle ipotesi sopravviverà ancora per due o tre decadi, perfino fuso col mio. Mi occorre qualcos'altro... Ecco! - Indicò e disse: - L'ho richiamata.

Bliss stava tornando con passo svelto, allegra.

Pelorat scattò in piedi. - Bliss! Oh, no!

- Non allarmatevi, dottor Pelorat - fece Daneel. - Non posso usare Bliss. Mi fonderei con Gaia, mentre devo rimanere indipendente da Gaia, come ho già spiegato.

- Ma... allora... chi... - mormorò Pelorat.

E Trevize guardando la figura snella che correva alle spalle di Bliss disse: - Il robot voleva Fallom fin dall'inizio, Janov.

 

CIII

 

Bliss tornò sorridendo, chiaramente soddisfatta. - Non abbiamo potuto spingerci oltre i confini della tenuta, comunque questo posto mi ricorda moltissimo Solaria... Naturalmente, Fallom è convinta che questa sia Solaria. Le ho chiesto se Daneel non le sembrava un po' diverso da Jemby... in fin dei conti, Jemby era di metallo... e Fallom ha risposto: «No, non proprio». Non so cosa intendesse dire con quel "non proprio".

Guardò Fallom, a breve distanza da loro, intenta a suonare il flauto mentre Daneel ascoltava assorto e muoveva la testa a tempo. Il suono arrivava fino a loro, lieve, limpido, e incantevole.

- Lo sapevate che quando siamo scesi dalla nave lei aveva con sé il flauto? - chiese Bliss. - Ho l'impressione che non riusciremo a staccarla da Daneel per un pezzo.

Il commento fu accolto da un silenzio opprimente, e Bliss fissò allarmata i due uomini. - Che succede?

Trevize rivolse un cenno in direzione di Pelorat, cedendogli la parola.

Pelorat si schiarì la voce e disse: - A dire il vero, Bliss, penso proprio che Fallom resterà con Daneel per sempre.

- Davvero? - Bliss, corrugando la fronte, accennò a incamminarsi verso Daneel, ma Pelorat la trattenne.

- Bliss, cara, non puoi... È sempre più potente di Gaia, anche adesso, e Fallom deve restare con lui se vogliamo che Galaxia si realizzi. Lascia che ti spieghi... e, Golan, per favore, correggimi se sbaglio.

Bliss ascoltò il racconto, e la sua espressione diventò quasi disperata.

In un tentativo di fredda razionalità, Trevize ribadì: - Tutto quadra, Bliss. La bambina è una Spaziale, e Daneel è stato progettato e costruito dagli Spaziali. La bambina è stata allevata da un robot, e non conosceva nient'altro in una tenuta vasta come questo posto, vasta e deserta. La bambina ha dei poteri trasduttivi che saranno utili a Daneel, e vivrà per tre o quattro secoli, forse il periodo necessario per l'edificazione di Galaxia.

Le guance arrossate, gli occhi umidi, Bliss disse: - Quel robot deve avere pianificato il nostro viaggio verso la Terra in modo tale da farci passare su Solaria a prendere una bambina che facesse al caso suo.

Trevize si strinse nelle spalle. - Forse ha semplicemente approfittato dell'opportunità che gli si è presentata. Ora come ora, non credo che i suoi poteri siano abbastanza forti da consentirgli di manovrare le persone a distanze iperspaziali.

- No. No c'è stato nulla di casuale... Il robot ha fatto in modo che provassi un affetto molto intenso per la bambina, che la portassi via invece di abbandonarla là a morire... Ha fatto in modo che la proteggessi perfino da te, dal momento che eri solo seccato e risentito per la sua presenza a bordo.

Trevize disse: - Forse Daneel si è limitato semplicemente a far leva sulla tua etica gaiana... Via, Bliss, è inutile tormentarsi... Anche se potessi ripartire con Fallom, dove potresti portarla perché fosse felice come qui? La riporteresti su Solaria, a farla uccidere crudelmente? Su qualche mondo affollato dove si ammalerebbe e morirebbe? Su Gaia, dove le si spezzerebbe il cuore continuando a pensare al suo Jemby? In un viaggio interminabile attraverso la Galassia, dove ogni pianeta visto le sembrerebbe Solaria? E con chi la sostituiresti, per permettere a Daneel di continuare a dedicarsi alla costruzione di Galassia?

Bliss, mestamente, restò in silenzio.

Pelorat, con una certa timidezza, le tese la mano. - Bliss, mi ero offerto volontario per fondermi con Daneel. Ma lui non ha accettato il mio cervello dicendo che sono troppo vecchio. Vorrei che avesse accettato, così adesso avresti ancora Fallom.

Bliss gli prese la mano e la baciò. - Grazie, Pel, ma sarebbe stato un prezzo troppo alto, anche in cambio di Fallom. - Sospirò e si sforzò di sorridere. - Forse, quando torneremo su Gaia, nell'organismo globale ci sarà posto per un bambino tutto mio... e nelle sillabe del suo nome metterò anche "Fallom".

Daneel, quasi fosse consapevole che la questione era stata risolta, stava incamminandosi verso di loro, affiancato da Fallom.

La bambina si mise a correre e li raggiunse per prima. Disse a Bliss: - Grazie, Bliss, per avermi riportata a casa da Jemby, e per esserti presa cura di me sulla nave. Ti ricorderò per sempre. - Poi si lanciò tra le braccia di Bliss.

- Ti auguro di essere sempre felice - disse Bliss. - Anch'io non ti dimenticherò, cara. - E si staccò dalla bambina a malincuore.

Fallom si rivolse a Pelorat. - Grazie anche a te, Pel, per avermi lasciato leggere i tuoi videolibri. - Quindi, senza aggiungere altro, e dopo una lieve esitazione, tese la mano a Trevize.

Trevize la strinse un attimo. - Buona fortuna, Fallom - mormorò.

Daneel disse: - Grazie, signori e signora, per quello che avete fatto. Ora siete liberi di andare, perché la vostra ricerca si è conclusa. E per quanto riguarda il mio lavoro, anch'esso si concluderà, abbastanza presto, e con esiti favorevoli.

Ma Bliss replicò: - Un attimo, non abbiamo ancora finito. Non sappiamo ancora se Trevize è ancora convinto che il miglior futuro per l'umanità sia Galaxia, e non un grande conglomerato di Isolati.

Daneel rispose: - Il signor Trevize ha già chiarito questo punto poco la, signora. Ha scelto Galaxia.

Bliss contrasse le labbra. - Preferirei sentirlo dire da lui... Allora, Trevize, qual è la tua decisione?

Calmo, Trevize disse: - Che decisione preferisci, Bliss? Bocciando Galaxia, forse riavresti Fallom...

- Sono Gaia. Devo conoscere la tua decisione, e il motivo, per amor di verità e basta.

Daneel intervenne: - Diteglielo, signore. La vostra mente, e Gaia lo sa, è libera da qualsiasi interferenza.

E Trevize rispose: - Ho scelto Galaxia. Non ho più alcun dubbio.

 

CIV

 

Bliss rimase immobile per parecchi secondi, quasi volesse permettere che l'informazione raggiungesse tutte le parti di Gaia. Poi chiese: - Perché?

Trevize rispose: - Ascolta... Sapevo fin dall'inizio che i futuri possibili per l'umanità erano due... Galaxia, o il Secondo Impero del Piano Seldon. E mi sembrava che quei due futuri si escludessero a vicenda. Per qualche motivo, la realizzazione dì Galaxia doveva essere collegata a un difetto di base del Piano Seldon.

"Sfortunatamente non sapevo nulla del Piano Seldon, a parte i due assiomi fondamentali: primo, perché l'umanità possa essere studiata statisticamente come gruppo di individui in interazione casuale, il numero di esseri umani osservati deve essere sufficientemente grande; secondo, l'umanità non deve essere al corrente dei risultati delle equazioni psicostoriche prima del conseguimento di tali risultati.

"Dato che avevo già preso una decisione favorevole a Galaxia, sentivo inconsciamente che dovevano esserci delle imperfezioni nel Piano Seldon, e che tali ìmperfezioni potevano essere solo negli assiomi, l'unica cosa che conoscessi del Piano. Eppure gli assiomi mi sembravano giusti. Allora sono partito alla ricerca della Terra, perché sentivo che non poteva essere tanto nascosta senza un motivo preciso. Dovevo scoprire questo motivo.

"Nulla mi garantiva che avrei trovato una soluzione una volta trovata la Terra, ma ero disperato e non avevo alcuna alternativa... E forse il fatto che Daneel desiderasse un bambino solariano è stata la spinta di cui avevo bisogno per proseguire.

In ogni caso, finalmente abbiamo raggiunto la Terra, poi la Luna, e Bliss ha captato la mente di Daneel, come voleva Daneel stesso. Bliss ha descritto quella mente dicendo che non era né umana né robotica. A posteriori, si è rivelata una definizione sensata, perché il cervello di Daneel è più perfezionato del cervello di qualsiasi robot mai esistito, e non poteva essere percepito come un semplice cervello robotico. Né poteva del resto essere percepito come un cervello umano. Pelorat lo ha descritto usando l'espressione "qualcosa di nuovo", e questo ha permesso anche a me di intuire a mia volta qualcosa di nuovo.

"Tempo addietro, Daneel e il suo collega hanno elaborato una quarta legge della robotica che si poneva alla base delle altre tre... Allo stesso modo, di colpo ho intuito un terzo assioma fondamentale della psicostoria, più importante degli altri due, un terzo assioma talmente basilare da passare inosservato.

"Eccolo... I due assiomi noti riguardano gli esseri umani e si basano su un assioma implicito... gli esseri umani sono l'unica specie intelligente della Galassia, e pertanto i soli organismi capaci di azioni significative nello sviluppo della società e della storia. Questo è in altre parole l'assioma dato per scontato: V'è una sola specie intelligente nella Galassia, e questa specie è l'Homo sapiens... Se ci fosse 'qualcosa di nuovo', se ci fossero altre specie di intelligenza di natura completamente diversa, allora il loro comportamento non sarebbe interpretabile matematicamente per mezzo della psicostoria, e il Piano Seldon non significherebbe più nulla. Capite?... Capite?»

Pelorat disse: - Sì, capisco... ma volendo fare l'avvocato del diavolo, vecchio mio...

- Sì? Continua.

- Ecco... Gli esseri umani sono l'unica intelligenza della Galassia.

- E i robot? - fece Bliss. - E Gaia?

Pelorat rìfletté un istante, poi un po' impacciato disse: - I robot non hanno avuto alcun ruolo significativo nella storia umana dalla scomparsa degli Spaziali. Gaia non ha avuto alcun ruolo significativo se non di recente. I robot sono stati creati dagli esseri umani, e Gaia è stata creata dai robot... e sia i robot che Gaia, in quanto limitati dalle Tre Leggi, non possono far altro che piegarsi alla volontà umana. Nonostante i ventimila anni di lavoro di Daneel, e la travagliata formazione di Gaia, basterebbe una sola parola da parte dì Golan Trevize, un essere umano, per vanificare tutto quanto. Dunque, l'umanità è l'unica specie intelligente significativa della Galassia, e la psicostoria è ancora valida.

- L'unica forma di intelligenza della Galassia - ripeté lentamente Trevize. - Sono d'accordo. Eppure parliamo tanto spesso della Galassia da non renderci conto che non è un riferimento sufficiente. La Galassia non è l'Universo. Ci sono altre galassie.

Pelorat e Bliss parvero a disagio. Daneel continuò ad ascoltare con aria solenne e benevola, accarezzando lentamente i capelli di Fallom.

Trevize riprese: - Ascoltate... Appena oltre il limite della Galassia ci sono le Nubi di Magellano, dove nessuna nave umana si è mai spinta. Più in là, ci sono altre piccole galassie; e non molto lontano c'è la gigantesca Galassia di Andromeda, e oltre quella altri miliardi di galassie.

La nostra Galassia ha dato origine a un'unica specie abbastanza intelligente da formare una società tecnologica, ma che ne sappiamo delle altre? La nostra potrebbe essere atipica. In alcune delle altre, forse in tutte, possono esserci molte specie intelligenti concorrenti, in lotta tra loro, intelligenze incomprensibili per noi. Forse sono assorbite dalla loro rivalità reciproca... ma se in qualche galassia una specie conquistasse il predominio sulle altre specie, e avesse il tempo di prendere in considerazione la possibilità di penetrare in altre galassie?

"Iperspazialmente, la Galassia è un punto... come tutto l'Universo. Non abbiamo visitato nessun'altra galassia, e per quel che ne sappiamo nessuna specie intelligente di un'altra galassia ha mai visitato la nostra... però un giorno la situazione potrebbe cambiare. E se arriveranno degli invasori, troveranno senza dubbio il modo di aizzare degli esseri umani contro altri esseri umani. Lottiamo tra noi da tanto tempo che siamo abituati a certe assurde dispute micidiali. Gli invasori trovandoci internamente divisi ci sottometteranno o ci distruggeranno. L'unica vera difesa è la realizzazione di Galaxia, che non potrà essere aizzata contro se stessa, e che sarà in grado di affrontare gli invasori dispiegando tutte le sue forze.»

Bliss disse: - Il quadro che presenti è spaventoso... Faremo in tempo a realizzare Galaxia?

Trevize alzò lo sguardo, come se volesse penetrare lo spesso strato di roccia lunare che li separava dalla superficie e dallo spazio, come se volesse tendere lo sguardo fino a vedere quelle galassie remote che si spostavano lentamente attraverso distese inimmaginabili.

Disse: - In tutta la storia umana, a quanto ci risulta, nessun'altra intelligenza ci ha disturbato. Basta che le cose non cambino ancora per pochi secoli, un periodo trascurabile se si considera da quanto tempo esiste la civiltà... Basta che le cose non cambino ancora per poco, e saremo al sicuro. In fin dei conti - e a questo punto Trevize fu assalito da un turbamento improvviso che si sforzò di ignorare - non è che il nemico sia già qui tra noi.

E distolse lo sguardo per non incontrare gli occhi meditabondi di Fallom... ermafrodita, creatura trasduttiva e diversa... che lo fissavano imperscrutabili.